giovedì 15 marzo 2018

Cumhuriyet, per ora niente lieto fine

Cumhuriyet” [Repubblica, NdR] è il più antico quotidiano turco ancora in circolazione, fondato nel 1924. Il direttore e alcuni giornalisti sono stati arrestati nel 2015 e rilasciati nel 2016. Il direttore dell’edizione online è stato arrestato nel 2017 per un’inchiesta sulla morte sospetta di un procuratore capo. Lo hanno seguito in carcere altri giornalisti del quotidiano, come ricorda Can Dündar in questo articolo.


Il film “The Post" fa pensare al destino del giornale “Cumhuriyet”.
Quando nel nuovo film di Steven Spielberg ho visto quello che accadde al “Washington Post”, allorché fece conoscere come il governo USA aveva ingannato il popolo sulla guerra del Vietnam, ho pensato involontariamente al mio giornale “Cumhuriyet”, quando scoperchiò le bugie del governo turco a proposito della fornitura di armi in Siria. Quello che i miei colleghi vissero al “Washington Post”, una generazione fa, lo stiamo vivendo noi oggi alla stessa maniera.
In che modo sfacciato i governi si nascondano dietro la scusa del “segreto di stato” per celare le loro menzogne lo si può vedere in due scene. Quando Nixon nello studio ovale urla: “Quello che fanno questi giornalisti è alto tradimento! Bloccate le pubblicazioni, avviate le indagini!”, vediamo un politico che oggi ispira Erdogan. La somiglianza dei pubblici ministeri americani, che minacciano di arrestare il redattore capo del “Post”, coi pubblici ministeri turchi che ci hanno messo in carcere e ci volevano tenere per tutta la vita dietro le sbarre, ci è di ammonimento.
Quando vediamo come i giornalisti, nonostante le pressioni, le minacce e i rischi, si impegnino al servizio della verità e difendano i loro resoconti, noi pensiamo ai nostri colleghi che oggi conducono la lotta per la verità sottoposti a una massiccia pressione. Noi sappiamo che la persecuzione è una parte inevitabile, necessaria della lotta per la libertà di parola, che viene condotta da centinaia d’anni.
E’ naturale che tra il caso del “Washington Post” e del “Cumhuriyet”, accanto a molte somiglianze, ci siano anche notevoli differenze: il nostro film non è ancora arrivato al lieto fine del “Post”.
A questo proposito due sono gli elementi interessanti: il primo è che in Turchia non ci sono più giudici indipendenti che possano firmare un verdetto in cui si stabilisce il principio che “la stampa non serve a coloro che governano, ma a coloro che sono governati”. Se la Giustizia statunitense degli anni Settanta fosse stata agli ordini del governo, come oggi accade in Turchia, la storia sarebbe stata scritta in modo diverso. Questa è la prova più importante del fatto che senza uno stato di diritto e la divisione dei poteri non può esserci alcuna libertà di stampa.
La seconda differenza consiste nel fatto che la solidarietà, che gli altri media americani dimostrarono al “Washington Post”, non si è manifestata per il “Cumhuriyet”. Al contrario, l’attacco principale è venuto proprio dai media “al servizio di coloro che governano”. Questo spiega perché Erdogan, prima della presidenza, decise di diventare patron dei media. Come si spiega anche con gli attuali attacchi di Trump contro i media.
A un’altra cosa ancora fa pensare il film “The Post-L’editrice”(*): il “Cumhuriyet” viene pubblicato da una fondazione indipendente. Esso non ha, quindi, un capo. Di conseguenza anche gli “amici del capo” non hanno possibilità alcuna di intervenire nella politica editoriale del giornale. Il film dimostra una volta di più che l’indipendenza dei media è così fondamentale che non può essere lasciata alla benevolenza dell’editore.
I “Pentagon Papers” prepararono la fine di un governo che mentiva al popolo, e consolidarono la fama di un giornale che scoperchiò la verità. Il “Cumhuriyet”, invece, è oggi un giornale, la cui dirigenza è in prigione, perché ha smascherato un governo che mentisce al popolo..
Comunque, non c’è menzogna che viva più a lungo della verità.
La storia della stampa presenta centinaia di esempi a favore del fatto che sono i difensori della verità, alla fin fine, a eliminare coloro che cercano di occultarla.
Ed è giusto che sia così.




Can Dündar,
Die Zeit” 8/2018 del 14 febbraio 2018


(*) “L’editrice” [“Die Verlegerin”] è il titolo con cui è uscito in Germania il film “The Post”, che in Italia ha mantenuto il titolo originale.

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