martedì 28 novembre 2017

Altri 5 anni di glifosato

Il glifosato potrà essere usato in Europa almeno per altri 5 anni. Il paesi Ue hanno infatti votato sì al rinnovo dell'autorizzazione quinquennale per il contestatissimo diserbante, al centro di una controversia scientifica internazionale sulla sua presunta (o probabile) cancerogenicità. "Dimostra che quando tutti vogliamo, siamo in grado di condividere e accettare la responsabilità collettiva nel processo decisionale", ha detto il commissario Ue alla salute Vytenis Andriukaitis.

A quanto apprende l'Ansa, gli equilibri sono stati spostati dalla Germania, che fino a ieri sembrava intenzionata ad astenersi a causa della non delineata situazione politica interna mentre oggi a sorpresa si è espressa favorevolmente. Pro-rinnovo altri 17 paesi. Nove quelli contrari tra cui Italia, Belgio, Grecia, Francia, Ungheria, Cipro, Malta, Lussemburgo e Lettonia. Astenuto il Portogallo. Contro la licenza si era esposta in modo particolare la Francia. "Il glifosato è un prodotto potenzialmente a rischio per la salute dei francesi e per l'ambiente e la biodiversità", diceva prima del voto la segretaria di Stato presso il ministero dell'Ambiente, Brune Poirson.

Il voto sul rinnovo dell'autorizzazione del glifosato è avvenuto nel cosiddetto 'comitato d'appello' permanente Ue su piante, cibi e mangimi (Comitato Paff), che riunisce i rappresentanti degli Stati membri a livello ministeriale. Nel caso in cui non fosse stata raggiunta la maggioranza qualificata, sarebbe toccato alla Commissione decidere in tutta autonomia.

LA PROTESTA - Protestano gli ambientalisti della Coalizione europea 'Stop glifosato' (vi fanno capo tra gli altri Avaz e Greenpeace) che stamani davanti al quartier generale della Commissione europea, in vista del voto di oggi, hanno indossato maschere del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker e del commissario Ue alla Salute, il lituano Vytenis Andriukaitis, esponendo striscioni contro il glifosato.

IL MINISTRO MARTINA - "Abbiamo votato contro il rinnovo oggi perché siamo convinti che l'utilizzo di questa sostanza vada limitato - ha detto il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina -. L'Italia già adotta disciplinari produttivi che limitano l'uso del glifosato a soglie inferiori del 25% rispetto a quelle definite in Europa al fine di portare il nostro Paese all'utilizzo zero del glifosato entro il 2020".

IN ITALIA - In Italia resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da "gruppi vulnerabili" quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche in campagna in pre-raccolta "al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura". Lo precisa la Coldiretti che sottolinea come gli effetti del decreto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto del 2016 che non vengano modificati dalla decisione dell'Unione Europea di rinnovare per 5 anni la licenza di utilizzo. "L'Italia - secondo l'organizzazione agricola - deve porsi all'avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell'Unione Europea e fare in modo che - sottolinea la Coldiretti - le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l'ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità analoghe come il grano proveniente dal Canada dove viene fatto un uso intensivo di glifosato proprio nella fase di pre-raccolta".

lunedì 27 novembre 2017

[Iran] Alireza deve perdere


Ultimi dieci secondi dell'incontro.
Alireza Karimi, già medaglia di bronzo ai Campionati mondiali 2015, sta vincendo 3 a 2 contro il suo rivale russo. Il suo coach riceve la notizia che nell'altra semifinale il lottatore israeliano ha vinto il suo match e aspetta Alireza in finale.
Nel filmato si sente il coach che urla disperato: "Alireza perdi. Devi perdere!".
Oggi se andate su Instagram o Twitter vedrete ovunque questi due hashtag nei profili iraniani :


"Devi perdere, Alireza!" ...lui va dal coach per convincerlo a lasciarlo vincere. Dopotutto, lo sport è fatto di competizione, agonismo, misure.
Mancano solo 10 secondi alla fine della gara e lui sta vincendo 3 a 2... il coach ripete "no Ali devi perdere"...
Affrontare in finale il nemico sionista? Non è permesso.
Ritirarsi per motivi politici dopo aver guadagnato la finale? L'Organizzazione Internazionale della Lotta lo considererebbe anti-sportivo e condannerebbe il Comitato Iraniano a pagare una pesantissima, insostenibile multa...
No, Ali deve perdere. Deve obbedire, come un soldato, agli ordini.
Il resto si vede nel filmato...

Vignetta di Mana Neyestani


In quei dieci secondi, non era Alireza che girava e perdeva, ero io, eravamo noi che perdevamo. Era la nostra generazione che senza sapere il perché, ha perso la sua gioventù. Alireza era noi, e tutto quello che abbiamo vissuto nei nostri trent'anni, lui l'ha passato in dieci secondi.
E voi, dittatore mio, siete l’Israele. Ecco perché avete vinto.
Ecco perché vincete sempre...





sabato 25 novembre 2017

[Iran] Copritevi bene

"حجاب را رعایت فرمائید"
COPRITEVI BENE

Questa frase c’è dappertutto.
Scritta sui muri,
pubblicata nei libri,
ripetuta nelle scuole,
stampata sui vestiti,
incisa nella mia mente.
Copriti bene…
Copriti bene…
E se non lo facessi?
che mi succederebbe?
Un uomo mi salterebbe addosso?
Non sarebbe una novità.
Sono anni che stuprate la mia femminilità.
Sono secoli che violentate il mio essere donna






 

L’inverno delle relazioni turco-tedesche e le ricadute sulla Ue

Perché Peter Steudtner è stato liberato
Non dite “Perché è innocente!”. Se fosse così nelle prigioni turche non ci sarebbero praticamente più detenuti. Che Steudtner e gli altri attivisti per i diritti umani non siano agenti, lo sa anche Erdogan. Ma perché, con tutto ciò, sono stati quattro mesi chiusi in carcere? Perché Erdogan aveva bisogno di ostaggi per mettere a tacere la protesta che in Europa si faceva sempre più vibrata e perché gli estradassero degli oppositori che avevano trovato riparo in Germania. Inoltre pensava che la paura scatenata da tali arresti avrebbe distolto le Organizzazioni Non Governative dall’occuparsi ancora più fortemente della Turchia.

Perché allora sono stati liberati?
Di certo ha avuto un ruolo la missione di Schröder (l'ex cancelliere tedesco), ma ancora prima il governo turco aveva notato che la sua strategia andava a vuoto, e persino produceva l’effetto opposto. Lungi dall’indebolire la protesta in Europa, gli arresti l’avevano tramutata in indignazione e avevano reso ancora più visibile la politica sempre più autoritaria della Turchia. Ma soprattutto facevano spuntare l’idea di sanzioni economiche. Un diplomatico tedesco mi ha detto che il 20 luglio ha rappresentato una rottura storica per la politica turco-tedesca.

Facciamo mente locale: il 17 luglio erano stati arrestati sei sui dieci difensori dei diritti umani riuniti sull’isola di Büyükada. Due giorni dopo si arrivò alla crisi, allorché Ankara fece sapere a Berlino, tramite l’Interpol, che 681 ditte tedesche erano nella “lista nera” con l’accusa di terrorismo. Quando la Germania si indignò, il ministro degli Interni turco parlò per telefono di un malinteso e ritirò la lista. Ma questo non bastò. Il 20 luglio il governo tedesco prese la decisione di cambiare radicalmente la propria politica verso la Turchia. “Il troppo stroppia”, è quanto sentii dire io dal ministro degli Esteri. Ora tutti i tedeschi sono minacciati in Turchia, disse Gabriel, e anche per gli investimenti non è più possibile dare garanzie. Le garanzie cosiddette “Hermes” furono limitate. Le sanzioni economiche si riservarono come ultima possibilità. Alcune ditte tedesche continuarono a mettere in primo piano i propri interessi e accettarono da Ankara contratti di appalti, ma molte altre mostrarono preoccupazione. Gli investimenti diretti diminuirono. Quasi tutti i direttori amministrativi delle imprese tedesche in Turchia affidarono i loro compiti a collaboratori turchi e fecero ritorno in Germania. I trasferimenti a Istanbul vennero rifiutati. Una serie di industriali prese in considerazione mercati alternativi, per esempio in Bangladesh o in India.

La Turchia ha perso il suo più grande mercato di esportazione, e inoltre arriva il ristagno nel settore turistico. Gli ambienti economici sono inquieti per il fatto che le conseguenze principali si vedranno solo nel 2018. Nella leadership turca ci sono senz’altro persone consapevoli di questo fatto, e tra di esse c’è il primo ministro. Però, per paura dell’ira di Erdogan, queste persone non hanno il coraggio di parlare. Un ministro tedesco ha detto che non ci si telefona neppure più con i colleghi turchi, il contatto è trascurato. Così l’intervento di Schroeder deve aver reso contenti soprattutto i ministri di Erdogan che tacevano. A Berlino, sostiene ancora il diplomatico citato, domina l’opinione che le relazioni della Turchia verso la Germania e l’UE non si normalizzeranno finché sarà in carica Erdogan. “Siamo nell’inverno delle relazioni. Ma siamo determinati a non rompere le relazioni con la Turchia al di là dell’AKP (il partito di Erdogan)”. 

Can Dündar
(articolo pubblicato su Die Zeit n.45 del 04/11/2017)

venerdì 24 novembre 2017

[Iran] Men in Hijab

Dopo la campagna #mystealthyfreedom (di cui forniamo il LINK al sito in lingua inglese), fondata con l'aiuto della bravissima attivista e giornalista Masih Alinejad, ora diamo vita ad altre due campagne, sempre sulla nostra lotta contro il velo obbligatorio in Iran.
In una di queste, chiediamo agli uomini iraniani di mettersi il velo al posto delle loro mogli, madri, sorelle, amiche ecc. e farsi le foto.
Per dire innanzitutto che anche loro sono contro questa legge disumana e discriminatoria e poi per eliminare questo taboo sugli uomini che si dovrebbero sentire offesi e insultati se paragonati a una donna.

Qui sotto alcune foto.







giovedì 23 novembre 2017

[Iran] il punto di Jas

PREMESSA:
Già so che tanti di voi non leggono i post più lunghi di 5 righe. Quindi vi informo che questo post è bello lungo (d’altronde essendo  io medio-orientale…vabbè, ci sta!)

Spesso mi si chiede:
"Com'è la situazione da te ora?"

Ve lo spiego con delle vignette e con delle parole (e mi scuso in anticipo per gli errori).

Da una parte c'è il presidente riformista "Rouhani" e il suo governo, eletto per la seconda volta, per il quale ho votato anch'io quest'anno. Rouhani è la persona che mi ha fatto uscire dalla prigione l'estate scorsa e ha fatto chiudere il caso dell'articolo che avevo pubblicato sul giornale بی قانون.
Non è un politico ideale ma di sicuro è meglio di quel (parola intraducibile) di Ahmadi Nejad. Rouhani vorrebbe fare tante riforme iniziando a mettere mano alla legge islamica anti-donna anti-libertà, ma ovviamente questi cambiamenti limiterebbero il guadagno di quel 13% dei islamici radicali al potere (Sepah Pasdaran  [Guardiani della Rivoluzione islamica in italiano] sono una parte importate di questo gruppo).
Dall'altra parte c'è il regime totalitario e il dittatore in cima alla piramide, "Kha.me.nei". Ha tutto il potere in mano (dall'esercito ai soldi del petrolio), quindi per fare le riforme serve il suo consenso e ovviamente a lui non può fregar di meno... Anzi, più la gente è sottomessa e spaventata e povera, più controllo ha lui su tutto.



Ora, quando parlo di lottare per ottenere la nostra libertà, intendo aiutare Rouhani e il suo governo a fare più riforme possibili. Io voglio che il dittatore venga giudicato e condannato per i danni che ha causato in questi anni al paese e a noi. Non voglio svegliarmi un giorno e sapere che è stato impiccato come Saddam Hussein o che è stato ucciso come Gheddafi. Perché alla fine è questa la fine che gli spetta.
Non credo nella rivoluzione e nemmeno nella violenza, in un colpo di stato e cose del genere (infatti vediamo com'è andato a finire la Primavera Araba).
Con l’arrivo di Rouhani, abbiamo ripreso un po' la libertà di stampa ma più liberi siamo più violenza subiamo dal regime. Sono stata arrestata anche ai tempi di Ahmadi Nejad e anche più spesso. Ma non facevano così tanta paura (oppure sono diventata più codarda io, non lo so)...
La cosa bella è che sento che la loro fine è vicina… Sento che stanno facendo gli ultimi sforzi per sopravvive ma possiamo essere sicuri che non ce la faranno!
A queste due condizioni:
1. Quel pagliaccio di Trump vada avanti con l’accordo raggiunto tra Obama e Rouhani.
2. L'Arabia Saudita smetta di romperci (sempre spinta da quel pagliaccio).

Se andiamo in guerra contro i Sauditi (come già sta accadendo nello Yemen) daremo vita a questo regime per almeno altri 50 anni e questo è ciò che vuole il dittatore. Ecco perché Rouhani prova con tutte le forze a far valere l’accordo con i poteri del 5+1…

Vignette di Mana Neyestan


 
P.S.#1: quello che ha l'Ammame nero è Khame.ne.i. Quello con Ammame bianco è Rouhani.
P.S.#2: non so come si dice Ammame in italiano!
P.S.#2bis: mi dicono dalla regia che Ammame = Turbante !