giovedì 6 novembre 2014

Le origini di Rifiuti Zero

di Marta FERRI,
Antropologa del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori

“La maggior parte delle persone a Torino non sa che c’è un inceneritore, perchè non lo vede”, mi dice Valeria, studentessa al Politecnico e attivista del Coordinamento. “Anche in passato, abbiamo faticato per farci ascoltare, persino nelle zone vicino il sito di costruzione. La gente ha iniziato a seguirci quando ha visto ultimato il camino, ed ha iniziato a chiedersi, ‘cosa uscirà da lì’?”. In questo articolo gli attivisti del Coordinamento No inceneritore Rifiuti Zero di Torino si raccontano, tramite le loro azioni di protesta, ricerca scientifica, informazione e formazione che stanno contribuendo alla creazione di una consapevolezza diffusa riguardo le diverse tematiche ambientali legate all’accensione di un impianto in una comunità.

Le origini

Nel 1995 il Comune di Torino decretò la costruzione di un inceneritore per rifiuti ospedalieri al Gerbido, per far fronte la chiusura del più vecchio impianto di Molinette. La zona è ritenuta tattica poichè, ancora sotto l’amministrazione di Torino, si estende come una penisola – “il ramo secco della città” – in mezzo ai primi comuni periferici, lontana dagli occhi dei torinesi. Si creò così un comitato spontaneo di cittadini, soprattutto delle zone limitrofe, che raccogliendosi nei locali parrocchiali del Gerbido iniziò a studiare il da farsi. “Ci chiamammo Salvambiente Gerbido”, mi racconta Francesco, vigile urbano e attivista della prima ora, “grazie alla collaborazione con l’amministrazione di Grugliasco – che all’epoca aveva un sindaco dei Verdi -, riuscimmo a far valere le nostre ragioni”. Le azioni di protesta furono circoscritte, ma bastarono a far capire all’amministrazione che costruire un inceneritore in una zona che i cittadini stessi consideravano già martoriata – erano già presenti grandi impianti ritenuti altamente inquinanti come la FIAT -, non era cosa da farsi. Chi protestò all’epoca, ha trovato “buffo” il fatto che invece, nel 2002, la Provincia considerasse fattibile costruire nella stessa zona un inceneritore di rifiuti urbani. “Forse perchè ci vedemmo lungo, Salvambiente non si sciolse mai effettivamente”, continua Francesco, e poteva adesso contare anche su forze nuove come Pier Claudio, attivista di grande esperienza ed esperto in materia, e Gian, informatico e curioso, che cercando notizie più “reali” di quelle date in televisione si trovò ad approfondire la questione dell’incenerimento grazie alle prime connessioni internet, ritrovandosi poi attivista. Con l’avvio del nuovo progetto gli attivisti intuirono che il vento era cambiato in politica: se tradizionalmente, in Piemonte, il partito “incenitorista” era rappresentato dalla Destra, con la costituzione di quello che poi sarebbe diventato il PD si cambiarono le carte in tavola. Intanto, mentre Pier Claudio se la vedeva con la politica locale, Gian, che era in contatto con alcuni gruppi No Inceneritore di Alessadria, fu messo in contatto con degli attivisti liguri che, a loro volta, gli diedero il numero di un comitato in Toscana, ritrovandosi così a telefonare a Rossano Ercolini di Capannori. Il gruppo di Torino appena formato, andò così a creare un nodo nevralgico nella prima Rete nazionale No Inc (vedi articolo Capannori). Sin da subito la lotta locale nel torinese ha avuto risvolti reticolari, definendosi come lontana dal comportamento NIMBY – Not In My BackYard – e come facente parte di una struttura aperta, dinamica e dialogante. “La lotta non era ancora sotto l’egida di Rifiuti Zero, perchè ancora non esisteva come terminologia, ma solo come concetto”, mi dice Gian, “ma è grazie al nostro continuo studiare, incontrarci faccia a faccia, parlare, informarci l’un l’altro che la strategia ha poi preso piede in Italia”. In quei primi anni, nonostante il percorso formativo e teorico iniziato con la rete No Inc, fu difficile raggiungere la gente, il “cittadino medio”. “In piena emergenza rifiuti a Napoli”, mi spiega Pier Claudio, “i media non facevano altro che bombardarci sulla pericolosità di un accumulo di rifiuti, con immagini terrorizzanti dalla Campania. Fu in quel contesto che l’amministrazione motivò la costruzione dell’inceneritore e la gente ne fu pure sollevata”. “Tanto è vero che la leadership politica che promise di costruire l’inceneritore fu eletta al primo turno alle elezioni provinciali dell’epoca”, ricorda Francesco.
Eppure qualcosa cambiò. E fu con l’ultimazione dell’alto camino del Gerbido. La gente forse iniziò a farsi domande e, se prima ai banchetti informativi fatti dagli attivisti non si fermava nessuno, col passare del tempo sempre più cittadini iniziarono a volere approfondire la questione “inceneritore”. In quegli anni si costituì la Rete Nazionale Rifiuti Zero, e nacque così a tutti gli effetti il Coordinamento No Inceneritore Rifiuti Zero Torino.
Il Coordinamento
Superfluo dire che l’obiettivo primario del Coordinamento è far chiudere l’inceneritore, mettendo in rete la sua lotta e “globalizzandola” in una battaglia comune con tutti quei movimenti che stanno dicendo No ad inceneritori e altri impianti dannosi ambientalmente ed economicamente ad una comunità. Torino, definita una delle tre Stalingrado d’Italia dallo stesso Ercolini, ha contatti con diversi altri gruppi nell’alessandrino, in Liguria, le stesse Parma e Firenze, gruppi e associazioni del torinese che lavorano nel sociale, nonché altri due movimenti che portano avanti Rifiuti Zero come alternativa ad un impianto: il recente NoPiro e l’aostana ValleVirtuosa (di entrambi parlerò nei prossimi due articoli).
Expertise
Come gli stessi attivisti mi dicono, nonostante nessuno abbia un ruolo predefinito all’interno del gruppo, è anche vero che certi compiti se li prendono persone in base alle proprie conoscenze personali – expertise – e tendenze caratteriali. “Chi è bravo a parlare ed è coinvolgente sta ai banchetti, chi è bravo a spiegare ed ha pazienza va a parlare nelle scuole, chi è medico segue le questioni legate alla salute, chi è un tecnico quelle tecniche…e così via”, mi spiega Leo, attivista con particolare predisposizione alla sensibilizzazione e a far banchetti. Ci sono poi figure, come Pier Claudio che hanno maturato un’esperienza nel settore dell’attivismo e della politica, nonché nella lotta agli inceneritori che sono preziose; altre come Gian che, grazie sia al proprio lavoro che la propensione ad approfondire le questioni, hanno intrecciato un rete vasta e si occupano quindi di tenere i contatti con la sfera nazionale ed internazionale. Oltre alle competenze private, è anche globalmente riconosciuto nel gruppo l’estrema importanza dei continui studio, aggiornamenti e scambio di informazioni anche con altri gruppi, non solo in materia di “immondizia”. Come sempre Leo mi spiega, “chi sta ai banchetti deve saper rispondere a domande anche mirate e approfondite su questioni mediche, chimiche e tecniche che riguardano l’inceneritore e non solo. Una volta mi trovai a fermare per caso un pezzo grosso della ARPA, e lì dovetti sfoderare tutte le mie conoscenze!”.
Questo tema sottolinea l’importanza della conoscenza condivisa presente su più livelli, che si dispiegano dal locale dei singoli comitati in rete, al globale dei network internazionali. Questo caratterizza la struttura in “evoluzione” costante del sapere scientifico e socioculturale relativo a Rifiuti Zero. Lo stesso, Luisa – medico del pronto soccorso e affiliata di ISDE – dice che è importante non solo portare la propria expertise all’interno del gruppo e usarla per la causa, ma anche continuare ad ampliarla, approfondendo questo e quel tema. Come medico ISDE partecipa a conferenze, si tiene aggiornata e si scambia informazioni con i colleghi – è in contatto sia con Manrico, medico del GCR di Parma che con Gianluca, medico del Coordinamento di Firenze, per citarne due -, tanto che nel 2012 ha creato un gruppo ISDE a Torino. L’expertise è quindi vista come un insieme di competenze personali che possono essere condivise con il gruppo, creando una conoscenza di base condivisa, che però deve aggiornarsi ed essere approfondita in continuazione, così come le expertise maturano sul campo e approfondiscono tematiche utili nella lotta.
Le azioni principali
Il Coordinamento si è fatto sentire sin da subito con un serie di manifestazioni – che contavano le migliaia di partecipanti -, eventi informativi in piazza come banchetti, serate di assemblee pubbliche e, si vocifera, anche azioni “alla Greenpeace” come l’arrampicarsi sul camino dell’impianto, ormai costruito, stendendo uno striscione con scritto “NO INCENERITORE”. L’informazione è sempre stata ritenuta il chiodo su cui battere costantemente, poiché i cittadini sono visti come la forza sociale della protesta. A livello di azioni legali, sono stati presentati numerosi ricorsi all’opera dell’impianto, sempre respinti “fatto non strano, visto che i giudici amministrativi sono nominati dalla forza politica in carica”, mi fa notare Luisa. Un’altra azione, certosina oso dire, è quello di controllo dei dati delle emissioni giornaliere dell’inceneritore, lavoro di cui si occupa principalmente Valeria. È grazie a questi controlli che spesso gli attivisti riescono a denunciare emissioni fuori norma e possibili incidenti all’interno dell’impianto, conosciuto, già in partenza, come difettoso. Questo stato di difetto può trovare origine nella sua costruzione: sembra che l’intero edificio sia stato eretto non seguendo le norme di sicurezza sul lavoro, in fretta e furia, per stare nei tempi e non pagare la penale di mancato compimento. Ciò ha avuto come principale effetto la mancata messa in sicurezza dell’intero cantiere, fatto che sembra essere all’origine di numerosi infortuni fra gli operai e, con forti probabilità, la morte di quattro di questi. Sono stati alcuni lavoratori stessi, anonimi, che hanno contattato il Coordinamento denunciando condizioni di lavoro ben lontane da quelle previste dalla legge: esposti ad esalazioni provenienti dai rifiuti immagazzinati previa l’accensione, lavoravano in un cantiere a cielo aperto senza alcun riparo. In seguito ad un allagamento di una zona delle fondamenta, ci fu un cortocircuito che danneggiò diverse parti dell’edificio, compresa una turbina che tuttora sembra essere la causa dei numerosi incidenti accaduti a pochi mesi dall’accensione.
Da un anno a questa parte è stata condotta un’analisi epidemiologica sulle unghie dei bambini residenti le zone limitrofe l’inceneritore. Lavorando in un laboratorio tenuto ‘segreto’ “per evitare che i ricercatori abbiano pressioni dall’alto, come probabilmente è accaduto in passato”, dice Luisa, i primi risultati mostrano i livelli di metalli pesanti nei bambini prima dell’accensione dell’impianto, per avere un dato di paragone iniziale. I secondi prelievi sono stati fatti a giugno scorso e la ricerca procederà per i prossimi anni. “E’ un’iniziativa che mira a prevenire gli effetti peggiori delle diossine, monitorandone i livelli in soggetti in crescita e quindi più esposti. Così facendo dovremmo essere in grado di portare dati certi sugli effetti dell’incenerimento sulla salute dei cittadini”.
A proposito di giovani generazioni, il Coordinamento da anni si impegna nella sensibilizzazione e formazione di una coscienza ambientale nelle scuole. Sulla città di Torino, Luisa e Pier Claudio hanno portato avanti per diverso tempo lezioni e assemblee nelle scuole secondarie, molto partecipate e con un pubblico incredibilmente attento. Nel comune di Colegno, uno dei limitrofi il Gerbido, l’anno scorso Leo, Silvia – un’altra attivista del gruppo torinese -, Valeria e Paolo – il curatore della comunicazione della grafica degli eventi organizzati – si sono occupati di un progetto di formazione ambientale per 20 classi elementari. Il progetto, ideato da Enrico – un attivista che si è inoltre occupato della creazione del sito web del Coordinamento – aveva come obiettivo il fornire una conoscenza globale dei temi ambientali – acqua, terra, energia, rifiuti – con gli strumenti e i termini adatti ai più piccoli.
Da sempre il Coordinamento ha cercato di replicare alla mala informazione e alle conflittualità con la leadership politica non solo con comunicati stampa e articoli, ma anche tramite brevi video ed interviste che approfondiscono alcune delle tematiche di lotta più critiche da diffondere. Questi video, di cui si sono occupati Paolo, Silvio ed Elisabetta – altri due attivisti che si occupano dei media -, sono poi stati postati sul canale YouTube del Coordinamento (Rifiuti Zero Tv). “E’ un’azione importante”, dice Paolo, “perchè l’articolo sul sito non tutti lo leggono, mentre un video arriva diretto, non è pesante perchè breve e, essendo una serie di immagini, può essere più incisivo che di parole scritte”. Sempre in linea con queste sue parole, Paolo si è inoltre occupato anche della divulgazione del film documentario Trashed – e del relativo dibattito che di solito segue alla proiezione – in diversi circoli del torinese.
L’empowerment culturale passa per diverse vie di comunicazione: oltre alle verbali dirette tipiche delle azioni informative e quelle scritte dei comunicati e dei volantini, le visive sono spesso molto incisive, poiché riescono a creare legami cognitivi con una realtà vissuta o relativa a circostanze non troppo lontane dal quotidiano di ogni cittadino.

Trashed a Grugliasco
Trashed è l’ultimo film di Candida Brady, interpretato da uno scosso e conciso Jeremy Irons, ed ha la capacità di suscitare un miriade di reazioni che si risolvono spesso con una presa di coscienza da parte del pubblico su diverse tematiche ambientali attuali. La platea di Grugliasco – comune nei pressi di Torino i cui cittadini hanno potuto seguire l’evolversi dei lavori dell’inceneritore dalle finestre di casa propria – non ha fatto probabilmente eccezione. La proiezione è stata l’evento lancio di Rifiuti Zero Grugliasco, comitato satellite del Coordinamento di Torino, creato da attivisti del Coordinamento stesso che vivono nel comune. Following up che denota bene l’azione non solo di sensibilizzazione sul territorio del gruppo di Torino, ma anche la sua incisività nell’aver creato un contesto di empowerment sociale ed educativo, tanto da aver portato attivisti del proprio gruppo ad occuparsi della proprio località, pur continuando l’impegno con il Coordinamento. Parlando con Federico – giovane attivista ed uno degli iniziatori del gruppo di Grugliasco – riguardo il concetto di Rifiuti Zero, lui mi fa notare che “il bello di Rifiuti Zero è che non sono tutti scienziati. Anzi, per dire, lo stesso Cavallari nasce dalla politica, però studiando, è riuscito a portare avanti le questioni anche più tecniche. Siamo un insieme di persone che, mettendo insieme le proprie conoscenze, crea quello che è Rifiuti Zero. È splendido, è una comunità!”.

La situazione attuale
Con l’inceneritore acceso da un anno, il cui funzionamento è soggetto a continui interventi tecnici, dovuti in gran parte dallo sforamento dei limiti legali di alcune sostanze nelle emissioni dell’impinato, il Coordinamento tiene testa e continua con le azioni di informazione e protesta sui diversi fronti fin ora descritti. Una delle ultime manifestazioni del gruppo torinese al completo, è stata una “veglia funebre” alle porte dell’inceneritore la sera prima dell’inaugurazione (19 giugno) – cui avrebbero partecipato numerosi politici locali -, “per altro a distanza di un anno dalla sua accensione”, sottolinea Valeria nel raccontarmelo. “Eravamo circa 200 persone davanti agli ingressi.”, continua “Abbiamo fatto volare lanterne e acceso candele. Ad un microfono ognuno poteva esprimere un proprio pensiero, una frase, leggere una parte di un libro…”. Il giorno dopo, anche se i manifestanti presenti erano meno rispetto alla sera prima, perchè giorno lavorativo, il Coordinamento ha invece organizzato un’azione di boicottaggio dei politici che entravano per il buffet di inaugurazione dell’impianto. “Con noi c’era anche il sindaco di Rivalta, che ha preferito stare dalla nostra parte purchè entrare con tutti gli altri”, conclude Valeria. Rivalta, infatti, da quasi tre anni a questa parte si è sempre schierata contro l’inceneritore, sostenendo anche in modo fisico e tangibile – come può essere una presenza istituzionale fra le fila degli attivisti – il lavoro del Coordinamento.
Concludendo, il Coordinamento No Inceneritore Rifiuti Zero Torino, nella sua decennale lotta per l’attuazione di un’alternativa sostenibile all’inceneritore del Gerbido, è stato in grado non solo di creare un certo livello di consapevolezza e formazione sulle tematiche ambientali e di gestione dei rifiuti fra la popolazione – grazie anche ad azioni di empowerment educativo, come i cicli di lezioni nella scuole –, ma sta costruendo una conoscenza condivisa di base grazie all’apporto delle expertise maturate ed acquisite nella lotta. Il Coordinamento sta inoltre contribuendo a livello nazionale a creare una conoscenza medico-scientifico sul tema delle conseguenze delle diossine nella crescita di soggetti, grazie all’inizio dell’indagine epidemiologica: i dati riportati da queste analisi saranno probabilmente preziosi in futuro per l’argomentazione “no inceneritore” nel dibattito pubblico.
 

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