domenica 9 marzo 2014

Presidenziali in Salvador

DOMENICA IL BALLOTTAGGIO:
“SERVE UN PROGETTO PAESE”

“Tutti gli ultimi sondaggi coincidono nell’attribuire al Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln) la stragrande maggioranza delle preferenze e a far crescere la distanza fra il partito di governo e l’opposizione conservatrice di Arena (Alianza Republicana Nacionalista) rispetto al primo turno; era del 10%, oggi è del 12-14%”: a parlare con la MISNA del ballottaggio delle elezioni presidenziali di domenica è padre Andreu Oliva, rettore dell’Università centroamericana José Simeón Cañas (Uca), prestigioso istituto retto dai Gesuiti a San Salvador.
Tutto indica, dunque, che domenica i salvadoregni daranno continuità alla sinistra salita al governo nel 2009 con l’oggi presidente uscente Mauricio Funes, dopo 20 anni di potere della destra, inclusi gli ultimi della guerra civile (1980-1992). A meno di difficili sorprese, Salvador Sánchez Cerén, classe 1944, dirigente di spicco del partito dell’ex guerriglia, dovrebbe quindi farcela comodamente contro l’ex sindaco della capitale Norman Quijano.
“Si osserva anche da parte della popolazione una maggiore fiducia nel processo elettorale, rispetto al primo turno, più interesse a venire a votare e potremmo supporre quindi che ci sarà maggiore affluenza. Anche di quelli che sono rimasti a casa al primo turno, secondo i sondaggi il 55% voterebbe per il Fmln, il 45% per Arena” spiega padre Oliva.
La campagna elettorale, racconta il rettore della Uca, è stata segnata dallo scontro di due modelli opposti: “I detrattori del Fmln agitano lo spettro che se Sánchez Cerén dovesse vincere, si instaurerebbe il cosiddetto Socialismo del XXI secolo venezuelano. Arena si propone invece come partito che difende la democrazia e l’economia di mercato, la libertà e con tutto quello che sta accadendo in Venezuela la sua propaganda presenta Sanchez Cèren come un emulo della Rivoluzione Bolivariana” aggiunge il nostro interlocutore.
Ma di cosa ha bisogno più che mai oggi il Salvador, poco più di sei milioni di abitanti, un terzo dei quali emigrati all’estero? A cosa dovrebbe dare priorità il nuovo presidente?
“Ciò di cui più il Salvador ha bisogno è un progetto di paese, il più consensuale possibile, a lungo termine e che veda tutti impegnati, a prescindere dalle sigle. Perché ci sono grandissimi problemi da risolvere e tutti si trascinano da molto tempo” risponde il rettore della Uca. “Una grande fetta della popolazione, il 40%, è esclusa, vittima della forte disuguaglianza. Il 20% dei più ricchi assorbe il 50% delle ricchezze. Inoltre l’insicurezza, legata alle poche opportunità date ai giovani poveri di lavorare e studiare, fa spazio alle ‘pandillas’ (gruppi criminali giovanili, ndr) che diventano veri e propri poli d’attrazione per la gioventù. Danno loro un’identità, su un cammino che di certo non è legale né corretto, ma offre una sorta di realizzazione delle loro vite. Basti pensare che la disoccupazione è al 50% e si vive soprattutto di economia informale, lavori duri e umili, senza previdenza di alcun genere, solo per garantirsi la sussistenza”.
La situazione, sottolinea infine padre Oliva, è peggiore nelle campagne: “C’è una netta divisione fra aree rurali e urbane, ad esempio sul salario. Quello rurale corrisponde a meno della metà di quello urbano. Nelle campagne i servizi sono nettamente inferiori, dall’istruzione alla sanità. Con il governo Funes certamente le cose sono migliorate, ma una grande fetta di popolazione resta esclusa. Creare posti di lavoro è fondamentale e aiuterebbe a diminuire l’emigrazione. E occorre mettere fine all’insicurezza: anche in questo caso la soluzione non è facile e passa per la repressione della delinquenza ma anche nell’offrire alternative ai giovani, per farli entrare davvero a pieno titolo nella vita del paese”.

(Va ricordato che Arena è il partito fondato dal maggiore dell’esercito Roberto D’Aubuisson. Secondo la Commissione della Verità delle Nazioni Unite, creata per fare luce sulle atrocità della guerra civile, fu D’Aubuisson il mandante dell’omicidio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, ucciso il 24 marzo 1980. La Uca è invece ricordata anche per la strage di sei religiosi gesuiti, di una loro collaboratrice e della figlia adolescente il 16 novembre del 1989. I soldati del battaglione anti-guerriglia Atlacatl, addestrato negli Stati Uniti, fecero irruzione nell’ateneo, assassinando il rettore, il gesuita spagnolo Ignacio Ellacuría, insieme ai confratelli spagnoli Ignacio Martin Baro, Segundo Montes, Amando Lopez, Juan Ramon Moreno, e al salvadoregno Joaquin Lopez, oltre alla cuoca Elba Julia Ramos e a sua figlia quindicenne Celina Mariceth Ramos. Inizialmente il governo tentò di attribuire la responsabilità dell’eccidio alla guerriglia del Fmln. vedi anche archivio MISNA)

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