mercoledì 24 aprile 2013

Paraguay: il narcopresidente

di Mario Lombardo, Altrenotizie

Con la vittoria del discusso imprenditore miliardario Horacio Cartes nelle elezioni presidenziali di domenica scorsa, il Partito Colorado conservatore è tornato al potere in Paraguay dopo la sconfitta nel voto del 2008 che aveva interrotto 61 anni consecutivi di dominio assoluto nel secondo paese più povero di tutto il Sudamerica. Cartes ha ottenuto il 46% dei consensi contro il 37% andati all’altro favorito della vigilia, il senatore Efraín Alegre, candidato di un altra formazione politica di destra, il partito Radicale Liberale.
Il 56enne neo-presidente appartiene alla ristrettissima élite paraguayana ed è entrato a far parte del Partito Colorado soltanto nel 2009. Tra le sue svariate proprietà spiccano banche, fondi di investimento, aziende agricole, piantagioni di tabacco e una delle più importanti squadre di calcio del paese.
I due candidati conservatori hanno staccato nettamente gli aspiranti alla presidenza di centro-sinistra. L’ex presentatore TV Mario Ferreiro dell’alleanza Avanza País si è fermato al 5,5%, mentre il candidato del Fronte Guasú, Aníbal Carrillo, ha raccolto appena il 3,5%. Quest’ultima coalizione è guidata dall’ex presidente e neo-senatore Fernando Lugo, in grado cinque anni fa di sconfiggere per la prima volta dopo oltre sei decenni il Partito Colorado.
Proprio la vicenda dell’ex vescovo paraguayano nell’estate del 2012 aveva posto le basi per il ribaltamento degli equilibri politici ad Asunción. Alleandosi con il Partito Radicale Liberale, nel 2008 Lugo aveva conquistato la presidenza grazie all’entusiasmo suscitato dalla promessa di riforme sociali e, soprattutto, di mettere mano alla riforma agraria in un paese dove l’1% della popolazione controlla il 77% delle terre coltivabili.
La presidenza Lugo era apparsa però da subito problematica. Alla mancanza di una vera e propria maggioranza politica in Parlamento si erano aggiunti ben presto i ripetuti scandali scoppiati in seguito alle rivelazioni di alcune donne che avevano sostenuto di avere dato alla luce figli illegittimi dell’ex vescovo cattolico.
Nonostante i modesti risultati concreti ottenuti dal suo governo, Lugo ha dovuto fare i conti inoltre con l’irriducibile opposizione dei poteri forti paraguayani e degli Stati Uniti, entrambi responsabili della sua rimozione dalla guida del paese lo scorso anno.
Utilizzando come pretesto i violenti scontri tra le forze di polizia e un centinaio di contadini che avevano occupato alcune terre di proprietà di un membro del Partito Colorado, nel giugno del 2012 la maggioranza di centro-destra del Parlamento aveva infatti aperto un rapido procedimento di impeachment contro Fernando Lugo, estromettendolo dal potere in quello che da molti è stato definito come un “golpe legislativo”, portato a termine con il tacito consenso di Washington.
Al posto di Lugo venne così installato il suo vice, Federico Franco, del Partito Radicale Liberale e il Paraguay, su iniziativa dei governi di sinistra al potere nei paesi vicini, è stato subito sospeso dalle organizzazioni latino-americane Mercosur (Mercato Comune del Sud), UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) e CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi) di cui è membro.
Dopo l’annuncio dei risultati del voto di domenica scorsa, Horacio Cartes ha però ricevuto i complimenti, tra gli altri, dei presidenti di Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela. Da Buenos Aires, in particolare, Cristina Kirchner ha espresso al neo-presidente paraguayano la speranza di vedere riammesso il suo paese nel Mercosur. Lo stesso Cartes, da parte sua, ha già fatto sapere di essere entrato in contatto con i vertici del Mercosur per ottenere la riammissione del Paraguay prima del suo insediamento ufficiale, previsto per il prossimo 15 agosto. Si potrebbe obiettare che l’elezione di Capriles é comunque stata la puntata finale di un film iniziato con il golpe istituzionale contro Lugo, ma va evidenziato come il processo unitario latinoamericano ha bisogno di non essere accusato di politicizzazione estrema nella scelta dei paesi che lo compongono
Il Paraguay, comunque, non rappresentando nessun peso politico particolare, all’interno dei fori della democrazia latinoamericana sarà del tutto ininfluente e si limiterà a svolgere il ruolo di ventriloquo di Washington, come già del resto già fa – e con molto maggior peso – il Messico, senza che ciò possa mettere in discussione l’impianto politico generale indipendentista del nuovo corso del subcontinente.
Per quanto attiene invece alla vicnda politica interna del Paraguay, Cartes ha un passato non esattamente immacolato, dal momento che è stato coinvolto in più di una vicenda giudiziaria ed è al centro di molti dubbi e sospetti. Come hanno rivelato alcuni documenti diplomatici pubblicati da WikiLeaks, ad esempio, Cartes venne identificato dalla DEA americana (Drug Enforcement Administration) come il vertice di un’organizzazione dedita al riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico e strettamente legata ai narcotrafficanti brasiliani. Nel 2000, inoltre, la polizia paraguayana sequestrò un aereo con un carico di cocaina e marijuana che era atterrato su una delle sue proprietà. Già nel 1989, invece, Cartes era finito in carcere per quasi un anno con l’accusa, successivamente caduta, di riciclaggio.
Nel 2004, infine, era stato il governo brasiliano ad accusarlo di essere a capo di un’organizzazione dedita al contrabbando di sigarette, mentre la sua ascesa politica sarebbe dovuta al sostegno del senatore del Partito Colorado, Juan Carlos Galaverna, coinvolto secondo le polizie e i servizi di intelligence stranieri nelle attività delle reti del narcotraffico attive in Paraguay.
Con queste credenziali, Horacio Cartes ha avuto il sostegno di un partito che è espressione dei grandi proprietari terrieri e del business agricolo del paese. Con quasi il 40% della popolazione che vive al di sotto della soglia ufficiale di povertà, il nuovo Presidente intende dedicarsi ora alla trasformazione dello stato in uno strumento volto a “creare le condizioni ideali perché il settore privato possa prosperare”.
Un’agenda improntata al neo-liberismo quella di Cartes che rischia di scontrarsi precocemente sia con i settori più tradizionalisti del partito che fu del dittatore Alfredo Stroessner (1954-1989) sia con la massa di contadini senza terra, alimentando uno scontro sociale già esploso in numerosi episodi di violenza. Di Stroessner, del resto, Capriles ha cantato le lodi a più riprese, a dimostrazione di come la continuità tra la dittatura e la democradura paraguayana si dispiega modificando solo la forma giuridica del suo dominio.
Il Presidente paraguayano potrà comunque contare sulla maggioranza assoluta conquistata sempre domenica dal Partito Colorado nella Camera bassa del Parlamento, mentre al Senato i seggi ottenuti dalla sua formazione politica sono stati 19 sui 45 complessivamente in palio.
Il voto di domenica è stato monitorato da delegazioni inviate dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), dall’Unione Europea e dall’UNASUR, le quali, malgrado qualche isolato episodio, non hanno rilevato significative irregolarità nell’accesso ai seggi. Ciononostante, alla vigilia delle elezioni presidenziali molti giornali avevano descritto il diffuso tentativo di comprare il voto degli elettori paraguayani da parte del Partito Colorado e di quello Radicale Liberale. Nulla che non fosse già ampiamente noto. Narcotrafficante, padrone di mezzo paese e amico di dittatori agli ordini di Washington, Cartes non poteva che vincere le elezioni.

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