giovedì 1 novembre 2012

C’ERA UNA VOLTA...

Desidero raccontarvi una storia, senza lieto fine.

Sono nata nel 1907 nella bella città di Torino, generata dal mio Municipio che mi ha chiamata
Azienda Elettrica Municipale di Torino
Avevo il compito di distribuire energia elettrica per i servizi pubblici, per le utenze civili e industriali nel mio territorio comunale, ho realizzato parecchie centrali elettriche per dare a tutti la possibilità di avere luce e sostituire ... i lumi a petrolio e sono arrivata persino ad occuparmi di teleriscaldamento e nel 1988 il mio Municipio mi ha cambiato il nome in Azienda Energetica Municipale.

La mia vita trascorreva serenamente, impegnata in nuovi progetti, mi trovavo bene nell’ essere “servizio pubblico”, rispondevo al mio municipio, al susseguirsi dei suoi amministratori e di conseguenza ai cittadini di Torino.

Ma nel 1990 un “orco cattivo” (l’art. 22 della Legge 142) elimina dal diritto italiano l’Azienda Pubblica o Municipalizzata e introduce l’Azienda Speciale. Poi un altro “orco” (Legge 127 del 1997) introduce anche la Società per Azioni, come alternativa all’Azienda Speciale.

Nel marasma e nelle incertezze sul mio destino, mi sono un po’ documentata:
  •     L’azienda speciale è un ente di diritto pubblico, diverso dal Comune da cui però dipende funzionalmente. É in sostanza strumentale all’Ente Locale, nel perseguimento del pubblico interesse ( la distribuzione di energia). Al Comune competono gli indirizzi, gli obbiettivi, la vigilanza, etc. etc. Questa soluzione mi piaceva, trovavo un filo di continuità con il mio passato.
  •     Per saperne di più sulle SPA chiedo ad un mio amico avvocato, e mi spiega che lo scopo tipico delle Società è quello delineato dall’articolo 2247 del codice civile, solitamente detto “scopo di lucro”, che consiste nel destinare ai soci gli utili ricavati dall’attività economica oggetto della società stessa.
Alcuni lavoratori avevano capito l’antifona: cosa c’entravamo noi che fino ad allora svolgevamo un servizio di pubblico interesse, senza scopi di lucro, con gli utili di una Spa?
A poco sono servite le loro rimostranze. Ormai ero affascinata dalle magnifiche sorti e progressive dei nuovi assetti che tutti intorno a me prospettavano, dalle luccicanti chance che il futuro prometteva.

Nel 1997 venivo trasformata in Società per Azioni con la nuova denominazione Azienda Energetica Metropolitana Torino Spa “AEM Torino”, con il conferimento di tutte le mie attività. Nel nuovo “contenitore” divento di proprietà degli “azionisti” (più azioni detengono maggiore è il controllo che hanno su di me). Vero è che lo statuto della Spa citava: “possono detenere azioni il Comune di Torino, altri soggetti pubblici o privati, il Comune di Torino deve detenere un numero di azioni non inferiore al 51% del capitale sociale.

Via via mi sentivo smarrita, mi mancava il mio Municipio che non incontravo più se non all’assemblea degli azionisti per la distribuzione dei dividendi e non sentivo più la gratitudine dei cittadini per il mio lavoro. Il Municipio aveva affidato al Consiglio di Amministrazione della Spa e ad un certo AD (amministratore delegato) le funzioni che prima gli erano proprie.

Con tristezza mi sono adattata alla nuova situazione, ma le sorprese non erano finite. Nell'anno 2000 il I° BOTTO: vengo quotata in BORSA! (è il luogo dove venditori – IO – e acquirenti – IL MERCATO – negoziano valori, valute servizi e merci con il fine di reperire risorse finanziarie). A quel punto ero in balia del Mercato, delle Banche, delle Assicurazioni e rimaneva il legame con il mio Municipio per il 68% circa, ma Lui non si occupava più di me, non sapeva cosa facessi e come lo facessi, se garantivo ancora un buon servizio ai suoi cittadini, a tariffe contenute, insomma esistevo solo e quando gli distribuivo dei dividendi.

Da allora la situazione è andata di male in peggio. Nel 2006 ho accolto (per incorporazione) la mia sorella AMGA di Genova e ci hanno battezzato con un nome poetico, IRIDE SpA , che doveva dare l’illusione di un collegamento tra le città di Genova e Torino, ma sia io che la mia sorella AMGA eravamo sempre più lontane dai pensieri dei nostri municipi e dai bisogni dei nostri cittadini.

Ma non era ancora finita nel 2010 incontriamo Enìa Spa che aveva già “risucchiato” tre care ex Aziende Municipalizzate Emiliane, e arriva il BOTTO FINALE: dal I° luglio 2010 diventiamo
tutte IREN SPA con sede a Reggio Emilia e i nostri azionisti/padroni diventano:
 

*Gli azionisti di FSU sono il Comune di Torino al 50% e il Comune di Genova al 50%

Storia come dicevo all’inizio, senza lieto fine.
Quando il mio Municipio mi teneva stretta a sé, lo ricambiavo con fior di milioni di utili. Da quando mi ha gettata in balia del mercato, sono prigioniera di una desolante ma costosissima “scatola” finanziaria di nome Finanziaria Sviluppo Utilities srl, acronimo FSU, che accumula debiti al punto che nel 2011 ha dovuto svalutare il capitale di ben 257 milioni di euro. Ma i torinesi non ne sanno niente!!!

Ho raccontato la mia storia, perché mi giungono voci che un'altra sorella Bene Comune su cui hanno posato gli occhi corre il rischio di entrare nel nostro “harem”. Si tratta di una sorella che garantisce al cittadini della provincia di Torino un bene essenziale, l’Acqua.

Si chiama SMAT Spa e si trova nella fase della mia prima trasformazione ma Lei ha dalla sua parte 383.651 torinesi più altri centinaia di migliaia, in tutto 26 milioni di cittadini italiani, che con il referendum del 12 e 13 giugno 2011 hanno proclamato, che la gestione dell’acqua deve tornare pubblica, vicina ai propri cittadini, gestita democraticamente e non dalle società finanziarie.

SORELLA SMAT SCRIVI UNA STORIA A LIETO FINE
FUORI L’ACQUA DAL MERCATO, FUORI IL MERCATO DALL’ACQUA

1 commento:

  1. SMAT, ATO3 e Comune di Torino devono cambiare registro.
    Stanno diventando gli avversari dei cittadini-utenti

    Il 31 ottobre, l’Assemblea degli azionisti SMAT si è trasformata in una zuffa sulla ripartizione del 44% degli utili SMAT tra i Comuni soci.
    Sono stati oggetto di pesanti attacchi i Comuni di Rivalta e Avigliana, che hanno richiamato l’Assemblea al rispetto della volontà popolare espressa con il Referendum del 12 e 13 giugno 2011 che ha abrogato la quota del 7% di remunerazione del capitale investito, quota che SMAT continua ad addebitare nella bolletta dell’acqua e che produce gli utili suddivisi poi tra i Comuni soci
    Dal 21 luglio 2011, data di pubblicazione dell’esito referendario sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, quella quota è illegale, SMAT compie un abuso nel continuare ad incassarla e contro questa illegalità il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua invita i cittadini-utenti all’Obbedienza Civile, e cioè a pagare a SMAT solo l’importo legale della bolletta e cioè quello ridotto del 16,32 per il 2012 e del 15,35% per il secondo semestre 2011.
    I Sindaci dei Comuni soci SMAT dovrebbero sapere che gli utili per i quali litigano sono ILLEGITTIMI, quel denaro va restituito ai cittadini-utenti.

    Il Comitato Provinciale Acqua Pubblica Torino
    - è grato ai Sindaci di Rivalta e di Avigliana e dei Comuni che con il loro voto in Assemblea, hanno bloccato l’ILLEGITTIMA distribuzione di utili che devono INVECE essere restituiti agli utenti.

    - chiede agli altri Comuni soci SMAT di condividere tale posizione per rispettare la volontà popolare espressa nel Referendum del 12 e 13 giungo 2011

    - ricorda al rappresentante del Comune di Torino che il Consiglio Comunale della Città, con Mozione n. 66 del 9 luglio 2012, lo ha impegnato ad “attivarsi presso l’Autorità d’Ambito e il Consiglio di Amministrazione di SMAT per eliminare la voce “remunerazione del capitale investito” in attuazione della lettera del secondo quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011

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