venerdì 20 luglio 2012

Uruguay: il Presidente rinuncia al 90% del proprio stipendio

La sua vittoria in Uruguay, nel marzo 2010, fu un evento storico. La capitale Montevideo esplose. Persone di tutte le età e classi sociali scesero in strada per festeggiare il nuovo presidente: l'ex guerrigliero di sinistra José Mujica che, dal Movimento de participación popular (Mpp) contro la dittatura, era arrivato alla guida del Paese. 
Ora Mujica, 78 anni, fa notizia per un altro motivo: vive con 800 euro al mese, rappresentando il miglior modello di austerity su scala internazionale. 
Pepe, come vuole essere chiamato il presidente, abita in una fattoria a Rincón del Cerro, alla periferia della capitale. Una cascina che non gli appartiene perché è della moglie, la senatrice Lucía Topolansky. 
Per il fisco, l’unico patrimonio di Mujica è una vecchia Volkswagen Fusca color celeste. Il presidente uruguaiano non sa cosa sia una carta di credito, né un conto in banca. E la sua unica scorta è il cagnolino Manuela. 
Lontano dagli stili di vita opulenti dei suoi colleghi oltrefrontiera, ogni mese Mujica trattiene per sé solo 20 mila pesos, circa 800 euro, dei 250 mila (quasi 10 mila euro) che riceve come stipendio. 
Il resto - quasi il 90% del salario - viene distribuito al Fondo Raúl Sendic, che si occupa dei settori più poveri della popolazione, al Mpp che aiuta cooperative sociali, e a varie organizzazioni non governative (ong), che lavorano per costruire abitazioni nel Paese. 

Mujica, ex venditore di fiori, negli Anni '60 ha fatto parte del Movimento di liberazione nazionale dei Tupamaros: l’organizzazione radicale ispirata al marxismo, che si rifaceva alla Rivoluzione cubana. Sotto la dittatura di Jorge Pacheco Areco, il movimento si è poi trasformato in un’organizzazione di guerriglia urbana. Ferito sei volte in scontri armati, è stato arrestato quattro volte, è evaso altre due e ha trascorso in carcere circa 15 anni. Fino alla sua liberazione, nel 1985, con l’amnistia generale. 

LA SVOLTA POLITICA. 
Da allora, prima di diventare presidente, Mujica ha trascorso il tempo nella sua fattoria a Rincón del Cerro, impegnandosi nella fondazione del Mpp, del quale - dal 1999 - è stato prima deputato, poi senatore. Parte del gruppo di centro-sinistra Frente Amplio, l'Mpp è stato decisivo per l’elezione alla presidenza del Paese, nel 2005, del socialista Tabaré Vázquez. Del suo governo, tra il 2005 e il 2008, Mujica è stato ministro per l’Allevamento, l’agricoltura e la pesca. 

NIENTE SPRECHI, NÉ PROTOCOLLI. 
I suoi aficionados lo ricordano ancora giovane, dopo la caduta della dittatura militare, a cavallo della sua Vespa che lo portava in parlamento. Ma neanche da presidente il suo stile di vita è cambiato. Chioma grigia spesso scompigliata, mai la cravatta, l’aria di uno che si trova lì per caso, soprattutto quando è vicino ad altri capi di Stato, da quando è stato eletto ha subito proposto di donare la sua pensione presidenziale al Paese, accettando come auto blu una semplice Chevrolet Corsa. 
Niente sprechi, niente protocolli, Pepe si ferma sempre a parlare con i cittadini, saluta il macellaio del quartiere, abbraccia i ragazzi della piccola squadra di calcio Huracán, si mette in posa per qualche scatto. 
Un modo di governare che attira simpatie ovunque. Nonostante sia un ex combattente vecchio stampo, di fede cubana, Mujica gode di buona reputazione anche negli Stati Uniti. 
E anche in Europa ha conquistato supporter, nonostante, dopo l’elezione, la sua unica visita sia stata in Spagna. Si trattava di un viaggio privato per incontrare uomini d’affari e potenziali investitori. Ora Mujica vuole attrarre nuovi capitali stranieri, soprattutto nel settore minerario, promuovere il commercio e lo sviluppo economico nel suo Paese. (da Lettera43



31 anni dopo la fondazione del partito Fronte Ampio, il neo eletto Presidente dell’ Uruguay pronuncia il suo primo discorso: 
“Non ci sono ne' vincitori ne' vinti, Popolo, dovresti essere tu qua sopra e noi lì sotto ad applaudirti” e rivolgendosi ai suoi avversari politici:” Se tu sei allegro non vuole dire che ti devi permettere di offendere chi non lo è. Chiedo scusa da vecchio combattente, se a volte mi ha tradito la lingua. vi invito a sederci a parlare per ottenere quello che vogliamo nel futuro». 

José Mujica, ex fioriaio ha scontato 15 anni di carcere per aver combattutto il regime del suo Paese, ed una volta diventato Presidente ha fatto quello che ci si aspetterebbe da una persona che ha a cuore il proprio Paese, fare gli stessi sacrifici richiesti ai cittadini. 
E così, Pepe soprannome con il quale ama farsi chiamare, ha rinunciato al 90% del proprio stipendio, mettendo a disposizione il surplus ad un fondo sociale che aiuta i suoi connazionali più poveri. Al Presidente dell’Uruguay restano in tasca 800 euro al mese dei 9.000 ai quali avrebbe diritto. Vivere con 800 euro si può: è questa la risposta che ama dare a chi gli chiede come mai questa scelta, e aggiunge che ci sono persone, tra il suo popolo, che vivono con molto meno. Questo esempio è seguito anche dalla moglie del Presidente che rinuncia a gran parte della sua indennità da senatrice, per donarla ai poveri. 
Josè Mujica, che non ha conto in banca, annovera fra le sue proprietà solo una vecchia Volkswagen e abita in una modesta casa di periferia. Non solo ha rinunciato al look in giacca e cravatta, ma anche alla scorta… Di qualche mese fa la sua proposta di legalizzare l’uso, la vendita e la produzione di marijuana. 

JoSé Mujica, al summit di Rio pronuncia un altro importante discorso: 
“Autorità presenti di tutte le latitudini e organismi, grazie mille. Grazie al popolo del Brasile e alla sua Sra. Presidentessa, Dilma Rousseff. Mille grazie alla buona fede che, sicuramente, hanno presentato tutti gli oratori che mi hanno preceduto. Esprimiamo la profonda volontà come governanti di sostenere tutti gli accordi che questa nostra povera umanità possa sottoscrivere. 
Comunque, permetteteci di fare alcune domande a voce alta. Tutto il pomeriggio si è parlato dello sviluppo sostenibile. Di tirare fuori le immense masse dalle povertà. Che cosa passa nella nostra testa? L’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche? Mi faccio questa domanda: che cosa succederebbe al pianeta se gli indù in proporzione avessero la stessa quantità di auto per famiglia che hanno i tedeschi? Quanto ossigeno resterebbe per poter respirare? Più chiaramente: 
Ha oggi il Mondo gli elementi materiali per rendere possibile che 7 o 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso grado di consumo e sperpero che hanno le più opulente società occidentali? Sarebbe possibile tutto ciò? O dovremmo sostenere un giorno, un altro tipo di discussione? Perché abbiamo creato questa civilizzazione nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della competizione e che ha portato un progresso materiale portentoso ed esplosivo. 
Ma l’economia di mercato ha creato società di mercato. E ci ha rifilato questa globalizzazione. Stiamo governando la globalizzazione o la globalizzazione ci governa??? E’ possibile parlare di solidarietà e dello stare tutti insieme in una economia basata sulla competizione spietata? Fino a dove arriva la nostra fraternità?  
Non dico queste cose per negare l’importanza di quest’evento. Ma al contrario: la sfida che abbiamo davanti è di una magnitutine di carattere colossale e la grande crisi non è ecologica, è politica! L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l’uomo … E la vita! 
Perché non veniamo alla luce per svilupparci solamente, così, in generale. Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper-consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. Però loro devono generare questo iper-consumo, producono le cose che durano poco, perché devono vendere tanto. Una lampadina elettrica, quindi, non può durare più di 1000 ore accesa. Però esistono lampadine che possono durare 100mila ore accese! Ma questo non si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere una civilizzazione dell’usa e getta, e così rimaniamo in un circolo vizioso. 
Questi sono problemi di carattere politico che ci stanno indicando che è ora di cominciare a lottare per un’altra cultura. Non si tratta di immaginarci il ritorno all’epoca dell’uomo delle caverne, né di avere un monumento all’arretratezza. Peró non possiamo continuare, indefinitamente, governati dal mercato, dobbiamo cominciare a governare il mercato. 
Per questo dico, nella mia umile maniera di pensare, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: “povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più”. Questa è una chiave di carattere culturale. 
Quindi, saluterò volentieri lo sforzo e gli accordi che si fanno. E li sosterrò, come governante.So che alcune cose che sto dicendo, stridono. Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e dell’aggressione al medio ambiente non è la causa. La causa è il modello di civilizzazione che abbiamo montato. E quello che dobbiamo cambiare è la nostra forma di vivere! 
Appartengo a un piccolo paese molto dotato di risorse naturali per vivere. Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, delle migliori al mondo. E circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore. 
Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne. E’ una semipianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile. I miei compagni lavoratori, lottarono tanto per le 8 ore di lavoro. E ora stanno ottenendo le 6 ore. Ma quello che lavora 6 ore, poi si cerca due lavori; pertanto, lavora più di prima. Perché? 
Perché deve pagare una quantità di rate: la moto, l’auto, e paga una quota e un’altra e un’altra e quando si vuole ricordare … è un vecchio reumatico – come me e la vita gli è già passata davanti” 
E allora uno si fa questa domanda: è questo il destino della vita umana? Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità! 

Quando lottiamo per il medio ambiente, dobbiamo ricordare che il primo elemento del medio ambiente si chiama felicità umana!”
da Il Disobbediente
© 16.07.2012

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