giovedì 9 giugno 2011

Rassegna stampa ragionata #2

Intervista a monsignor Gianfranco De Luca a pochi giorni dal referendum, nel quale si deciderà il futuro dell’acqua e della sua gestione. 
«L’acqua è un dono di Dio, e come tale va salvaguardato e custodito. Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti», afferma il religioso, che ripercorre anche le iniziative di sensibilizzazione portate avanti dalla diocesi di Termoli-Larino.



Il referendum del 12 e 13 giugno pone all’attenzione dell’opinione pubblica il destino dell’acqua. Due i quesiti sui quali sarà chiamata a esprimersi la popolazione, insieme al ritorno all’energia nucleare e al legittimo impedimento. Nel primo si propone di abrogare l’articolo di legge relativo alla privatizzazione della gestione idrica. Alla base del secondo, la scelta di annullare la parte del decreto che dà la possibilità al gestore di aumentare l’importo dei ricavi. Sul tema della salvaguardia dell’acqua, bene di tutti, sono state promosse numerose iniziative e battaglie. La diocesi di Termoli-Larino ha fatto fin dall’inizio opera di sensibilizzazione. Ricordando il percorso intrapreso, cominciato prima della raccolta firme per il referendum, a pochi giorni dal voto Primonumero.it ha intervistato il vescovo monsignor Gianfranco De Luca. «La Chiesa richiama i principi della dottrina sociale, l’acqua è un dono di Dio e come tale va salvaguardato e custodito – le parole del religioso – Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti». Il vescovo ricorda un proverbio africano: «Quello che è nostro non è mio», un detto della sapienza popolare che invita a riflettere sul rispetto del bene comune.



Due dei quattro quesiti referendari su cui si è chiamati a decidere riguardano l’acqua e il diritto di ognuno di noi a concepirla come un bene pubblico. Lei ha avuto da subito una posizione ben definita.

«Quando sono arrivato qui in Basso Molise la diocesi si era fatta già promotrice di iniziative legate all’acqua, prima che si parlasse del referendum. E’ stata richiamata l’attenzione dei sindaci del territorio perché scadevano i termini della legge. L’acqua è un bene comune, subito mi sono reso conto che eravamo sulla strada giusta».



Anche la diocesi di Termoli-Larino è molto sensibile a questo tema. Perché la Chiesa ha deciso di esporsi prendendo una posizione netta?

«La Chiesa richiama i principi della dottrina sociale. L’acqua è un dono di Dio, e come tale va salvaguardato e custodito. Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti. Non si tratta di scendere in campo da una parte o dall’altra, ognuno può fare le sue scelte».



Ci può spiegare con semplicità che cosa accadrebbe se prevalesse il no o se non si dovesse raggiungere il quorum?

«Andrebbe avanti il percorso di affidamento ai soggetti privati della gestione e della distribuzione dell’acqua».

In questi mesi ci sono stati anche degli incontri, è venuto padre Alex Zanotelli che da molti anni lotta per il diritto all’acqua pubblica. Voi che tipo di lavoro avete fatto come diocesi?

«La diocesi, attraverso l’ufficio pastorale sociale ha sensibilizzato i sindaci e l’Ato con convegni, dibattiti, e anche attraverso gli operatori laici. Dopo anche la raccolta firme, che è stata promossa in tutta Italia, c’è stato l’impegno in vista del referendum. La nostra diocesi ha svolto iniziative in consonanza con i pastori di altri territori. Siamo entrati a far parte della rete interdiocesana sui nuovi stili di vita, che unisce 25 diocesi. E’ importante capire che insieme al sì per l’acqua pubblica va promossa una cultura civica, sull’uso corretto, per evitare gli sprechi. Come diocesi abbiamo promosso anche due pubblicazioni, dedicate agli stili di vita alternativi. Sul sito internet diocesano è possibile consultare dodici schede sull’energia, per ripensare alle scelte, e tra gli estensori di questo documento ci sono don Silvio Piccoli e Antonio De Lellis. Un’altra pubblicazione è dedicata al consumo critico, all’altro mercato, ed è a disposizione dei catechisti».



I sacerdoti, i parroci di Termoli convergono tutti? E’ una posizione condivisa da tutte le parrocchie? Se ne è parlato in chiesa e negli incontri religiosi?

«L’impostazione è sicuramente condivisa da tutti, e nelle singole parrocchie si è parlato sicuramente del tema».

Questa volta ci sono comunque movimenti, partiti, associazioni che in maniera trasversale e senza colori politici cercano di sensibilizzare a questo referendum. Se è un argomento che tocca così tanto la società civile e anche quella laica e religiosa crede che i cittadini andranno a votare e che siano sufficientemente informati?

«La legge prevede anche l’astensione, ma l’augurio è che tutti vadano a votare, per esprimere liberamente il proprio pensiero, perché riguarda il bene di tutti. Ed è un augurio anche che ci sia stata buona informazione».



Cosa auspica per il referendum?

«Credo che più ci sono consapevolezza e partecipazione, più la democrazia è sana. Voglio ricordare un proverbio africano, letto qualche giorno fa, dice così: ‘Quello che è nostro non è mio’, penso che sia bene applicato all’acqua, è la sapienza popolare che parla. Il rischio è che appunto il “nostro” venga accaparrato da qualcuno».

Privatizzare significa aprire ad aumenti ingiustificati di un diritto essenziale come l’acqua. Quali sono i rischi dal punto di vista sociale?

«Conosciamo tutti le difficoltà dovute alla crisi, è ovvio che ci sono dei rischi e sappiamo anche che in Europa ci sono stati dei ritorni alla gestione pubblica dell’acqua. Sono due i grossi problemi: far sì che la rete di distribuzione non faccia ‘acqua’, visto che c’è un’alta percentuale di dispersione, ed è indispensabile promuovere l’educazione all’uso del bene comune, il consumo misurato è fondamentale. Bisogna sensibilizzare sugli stili di vita impostati sulla sobrietà».



Può rivolgere un appello a chi è indeciso o non avverte l’urgenza di pronunciarsi su questo tema?

«Credo che questa sia un’occasione per crescere nella sensibilità sociale e nella ricerca del bene comune. Spero che grazie anche al referendum possa svilupparsi la passione e l’attenzione intorno a questi temi. Non si può delegare a qualcuno il bene di tutti».

Tra i quesiti del referendum c’è anche il ritorno all’energia atomica e anche in questo caso la diocesi ha promosso delle iniziative, come la marcia nel dicembre del 2009, insieme al Comune.

«Non c’è una pregiudiziale assoluta sul nucleare, però esistono i dubbi sulla sicurezza delle centrali, considerando anche la circostanza del maremoto di Fukushima, che ha confermato i timori. Il problema dello smaltimento delle scorie lascia delle forti perplessità sulla scelta. Bisogna tener presente il principio di precauzione della dottrina sociale, con il nucleare lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi il principio della radioattività. Il principio della precauzione induce a valutare attentamente le conseguenze delle scelte. Nello specifico bisogna tener presente la vocazione turistica e agroalimentare del territorio, e il rischio che questo sviluppo possa essere compromesso».

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Il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro, e l’Azione cattolica diocesana dicono “sì” ai quattro referendum abrogativi. Le tematiche, secondo il mondo cattolico locale, sono estremamente importanti per questo si auspica un’ampia partecipazione al referendum. «L’Azione Cattolica», ha precisato il presidente diocesano, Alessandro Franceschini, «considerando anche la sottoscrizione da parte del vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro del documento “Acqua: dono di Dio e bene comune”, ha già avuto modo di dare un proprio contributo sui quattro referendum abrogativi».
 Secondo il responsabile dell’Azione Cattolica diocesana «l’acqua non è solo un bene, ma un dono essenziale per la vita dell’uomo. Un dono che va tutelato e garantito a tutti, che non può essere sottoposto alla legge del profitto senza rigorose, adeguate e sistematiche garanzie per i più deboli e per la collettività. La tecnologia nucleare impatta un altro punto essenziale, la salute dell’uomo, per la quale non possono essere ammessi rischi di nessun tipo. Inoltre, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge è un principio costituzionale che richiede applicazione, specie in questa fase di disillusione politica. Lo dimostra l’astensionismo alle recenti elezioni amministrative». L’Azione Cattolica invita tutti i cattolici «ad un’ampia partecipazione al voto».
 In vista dei referendum abrogativi del 12 e 13 giugno l’Azione Cattolica di Magliano dei Marsi, in collaborazione con il centro diocesano, ha organizzato un incontro di sensibilizzazione e informazione sui quesiti referendari per domani alle 19 nella sala consiliare del comune. Anche i Giovani democratici della provincia scendono in campo per i quattro “sì” ai referendum. «Ci dobbiamo impegnare affinché si raggiunga il quorum», hanno affermato Jacopo Arpetti, segretario dei Giovani democratici dell’Aquila e Andrea Fidanza, dell’assemblea regionale dei Gd. «Abbiamo spiegato a molti universitari l’importanza di votare quattro volte sì: perché l’acqua rimanga un bene pubblico evitando così l’aumento esponenziale delle bollette, perché non si ripetano altre Chernobyl e Fukushima in un territorio altamente sismico come il nostro, e perché per la Costituzione tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge».

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Il popolare conduttore Rai Giancarlo Magalli, che raramente parla di politica, questa volta ha deciso di schierarsi: contro l'atomo, per l'acqua pubblica e perché la legge sia uguale per tutti
[fonte l'espresso online, 03 giugno 2011]

Giancarlo Magalli non è noto per essere il tipico personaggio dello spettacolo impegnato in politica, tra raccolte di firme e appelli al voto. Anzi: un po' per carattere e un po' per le trasmissioni popolari che fa - nelle quali bisogna sempre parlare a tutti, senza prendere troppo le parti - non ha mai dato modo a nessuno di etichettarlo, destra o sinistra, berlusconiano o anti. Ma questa volta, per i referendum del 12 e 13 giugno, il conduttore de ?¤˜I fatti vostri' ha scelto di uscire allo scoperto e di invitare gli italiani ad andare alle urne: «Per la vita, per la salute e per l'onestà pubblica», come spiega in questa intervista.
Magalli, come mai questo outing?

«Non mi piace che si costruiscano centrali nucleari in Italia. Non mi piace che l'acqua venga gestita dai privati. E non credo proprio che Ruby fosse la nipote di Mubarak».
Quindi?
«Quindi ho appena finito la trasmissione e me ne potrei andare in vacanza, invece il prossimo weekend sto a Roma a votare. Come si fa a non essere interessati, questa volta? E' in gioco il futuro dei nostri figli».
Partiamo dal nucleare.
«Guardi, io non non sono sempre stato contro l'atomo, anzi: quando ci fu il primo referendum, nel 1987, pensavo che fosse un'energia pulita su cui fare conto mano a mano che finiva il petrolio. Poi però ho capito che non è pulita affatto, che il meccanismo una volta acceso non si spegne più. Ma davvero vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti una Terra inquinata da scorie mortali che non si sa dove nascondere? E' questo l'aspetto più importante, rischio di incidenti a parte».
Quello che è successo in Giappone non ha influito sul suo giudizio?
«Fukushima ci ha messo del suo, certo, ma io credo che si debba dire di no all'atomo sulla base di un ragionamento per il futuro, non di un'emozione. Quella atomica è una scelta miope ed egoista, perché magari non succede niente finché siamo in vita noi, però lasciamo in giro materiale inquinatissimo per migliaia di anni. Insomma, scarichiamo un nostro problema sulle prossime generazioni. Senza dire che io non credo alla buona fede di tanti nuclearisti...».
In che senso?
«Cercano di spiegarci che l'atomo è un'energia utile perché è utile a loro per guadagnare. Dietro all'entusiasmo di alcuni per il nucleare temo che ci sia soltanto l'entusiasmo di quelli che devono costruire le centrali: appalti, ruberie, mangerie. Che io debba mettere i miei figli a rischio di radiazioni perché una nuova o una vecchia cricca possa fare i soldi costruendo le centrali non mi fa tanto piacere».
Poi c'è il referendum sull'acqua...
«Se è un bene pubblico - e questo lo riconoscono tutti - perché dev'essere distribuito dai privati? Perché la legge attuale regala ai privati un sette per cento di aumento delle bollette senza nemmeno vincolarlo a investimenti, quindi in cambio di nulla? Ma le sembra logico, le sembra giusto?».
Beh, loro dicono che avremo più efficienza...
«Dove l'hanno privatizzata non c'è stato nessuno miglioramento, anzi. Né nella qualità dei servizi né tanto meno nei prezzi. Infatti in Francia, ad esempio, stanno tornando indietro. In Belgio e in Olanda hanno vietato la privatizzazione. Non credo che stiano sbagliando. Tanto più che vale anche qui il discorso che si faceva prima sul nucleare...»
Cioè?
«L'impressione è che si scontri il beneficio del pubblico con l'interesse del privato. E la sensazione che lo Stato possa essere dalla parte dell'interesse del privato è, diciamo, molto fastidiosa».
Infine, il legittimo impedimento.
«Eh, questo è il quesito che hanno cercato in tutti i modi di evitare, a costo di far saltare tutti gli altri. Ma gliel'ho io detto, io proprio non credo che Ruby sia la nipote di Mubarak: mi dispiace, ma non riesco a crederlo (ride)».
Allora, un piccolo appello finale?
«Aria senza radiazioni, acqua senza padroni, legge uguale per tutti. Io il 12 e il 13 giugno vado a votare, mi piacerebbe di trovare anche milioni di voi ai seggi, in quei giorni. Facciamoci compagnia no? E' nell'interesse comune».

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Nella logica delle cose, se ci sono dei referendum e ci sono i relativi comitati che si sono impegnati a raccogliere le firme e a promuoverne le ragioni, sono essi i più titolati a sostenerne le ragioni pubblicamente. È davvero curioso in questi giorni assistere a programmi che da Ballarò ad Anno Zero, dai tiggì a Linea Notte del TG3, danno la parola esclusivamente ai rappresentanti dei partiti. Un segno francamente inquietante che rivela come funziona l’informazione in Italia e quale considerazione ricevono gli strumenti della democrazia. Sarebbe come invitare un agronomo a parlare delle relazioni diplomatiche del nostro Paese con la Birmania e un filosofo della morale a giudicare la ricetta dei ravioli in brodo di carne. C’è la volontà di boicottare l’appuntamento di domenica con la democrazia oppure la convinzione che solo i rappresentanti più autorevoli delle forze politiche conoscono tutti i temi e ne possono trattare? Una par condicio di facciata che, per essere davvero corretta dovrebbe aprire i microfoni ai comitati del Si e del No e invece lascia che bisticcino negli studi televisivi personaggi che devono giustificare le proprie posizioni del presente e del passato in materia di privatizzazione dell’acqua, di nucleare e di uguaglianza davanti alla legge. Anche per queste ragioni io domenica vado a votare.
 Tonio Dell'Olio
Mosaico dei giorni, 8 giugno 2011
http://www.peacelink.it/mosaico/a/34132.html

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