mercoledì 22 giugno 2011

The Day After #2

L'acqua torna pubblica?
Lucarelli: "Adesso i comuni possono scegliere il loro modello. Come ha fatto Napoli"

di Antonella Loi (Tiscali Notizie, 15.06.11)

L'effetto immediato del risultato del referendum è che cade l'obbligo di cedere il 40 per cento delle società di gestione dell'acqua (articolo 23) entro il 31 dicembre. Una norma che avrebbe spalancato le porte ai privati e che invece lascia spazio alle norme europee. L'affarone fiutato da molti, insomma, è sfumato: i comuni, qualora lo ritengano necessario, sono infatti liberi di ripubblicizzare i servizi idrici. Che peraltro, fino ad ora e con poche eccezioni, sono quasi tutti in mano pubblica. "Gli enti pubblici territoriali possono scegliere il loro modello", conferma Alberto Lucarelli, docente di diritto pubblico e tra gli estensori dei quesiti referendari sull'acqua, oltreché neo assessore ai Beni comuni della giunta De Magistris a Napoli. "A norma del decreto legislativo 152 - dice Lucarelli - possono scegliere se optare per un modello misto o in house o fare le gare a evidenza pubblica e quindi privatizzare. In questo senso i comuni sono tornati padroni dei loro beni".

Ma qual è la situazione acqua in Italia?
Un'indagine dell'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (Avcp) dice che su 106 casi di servizi idrici dati "in affidamento", 66 sono quelli gestiti da organismi controllati direttamente dai comuni o da altri enti locali. Nei casi non "in house" sono presenti i privati, ma sempre in minoranza. I contratti in essere dunque proseguiranno fino alla naturale scadenza. Così, per esempio la società di gestione del servizio idrico di Milano, Metropolitana milanese Spa (interamente partecipata dal comune), potrà essere titolare del contratto fino al 2027. Cosa può cambiare ora, dopo il risultato referendario? Ce lo spiega con estrema chiarezza, anche nei fatti, proprio il neo assessore ai Beni comuni del comune di Napoli dove, a tempo di record, pochissimi giorni dopo il referendum, il primo atto di indirizzo è stato quello di riportare l'acqua sotto l'ombrello comunale. "Tramite la mia delibera, la prima in Italia - dice Lucarelli - si decide di trasformare l'Arin Spa in una società di diritto pubblico partecipata. E' una scelta che, dopo il referendum, il comune fa legittimamente: ovviamente si tratta di una scelta politica".
Come politica è anche la scelta fatta dalla Puglia all'indomani del responso delle urne.
"Ma quanto accade nella Regione guidata da Vendola - spiega Lucarelli - è diverso perché trattasi di un ente con potestà legislativa e quindi è una sfera un po' diversa". Autore del disegno di legge di ripubblicizzazione dell'Aqp Spa presentato la settimana scorsa al consiglio regionale, Lucarelli precisa come però "la strada sia diversa e fatta addirittura sotto l'ombrello normativo del regime Ronchi". E infatti, spiega ancora, "il problema sorge per i comuni che non hanno la possibilità di fare leggi ma devono procedere con atti amministrativi". La strada è quella tracciata da Napoli.
Capire come si muoveranno ora provincie come quella di Firenze,
dove l'affluenza alle urne (in città) è stata una delle più alte d'Italia con il 67,2 per cento. Un dato che non stupisce, proprio perché la città dei Medici, stando ad uno studio di Federconsumatori sul servizio idrico (condotto in 93 città italiane), è quella che detiene il record tariffario in bolletta: 478 euro in città e nel comprensorio, con Pistoia, Arezzo e Prato, contro una media nazionale di 311 euro per un consumo annuo di 200 metri cubi. A Firenze l'acqua è gestita da Publiacqua Spa con un 40 per cento di capitale in mano privata (tra cui figurano Acea S.p.A., Suez Environnement S.A., MPS S.p.A.).
Altra realtà critica è quella di Acqualatina Spa
che, anch'essa ceduta in parte a gestori privati, fa registrare nel Lazio incrementi in bolletta ben al di sopra della media nazionale: +11,9% contro il 6,7%, secondo uno studio di Cittadinanza attiva. "Acqualatina - spiegava pochi giorni fa Alberto De Monaco del comitato Acqua pubblica - ha acceso un mutuo da 114 milioni di euro con Depfa Bank, di questi ne sono stati spesi solo 90, mentre il costo per la collettività tra interessi, swap e consulenze, ha già toccato i 21 milioni di euro". Da qui alla ribellione della gente di Aprilia il passo è breve: sono ormai anni che i residenti della cittadina in provincia di Latina pagano le bollette direttamente al comune come se fosse il gestore. Se allora è vero, come rileva l'esponente del comitato Acqua pubblica, che "gli aumenti dal 2004 (anno di cessione dei servizi idrici ad Acqualatina) al 2011 sono stati misurati nel 200 per cento" e che a questo dato bisogna aggiungere che le tariffe programmate in bolletta prevedono "un incremento del 5 per cento ogni anno fino al 2014", la domanda è se i comuni possano ora intervenire efficacemente per calmierare i prezzi dell'acqua.
Partendo dall'abrogazione referendaria della norma che assegnava il 7 per cento di remunerazione ai gestori a fronte degli investimenti e che di fatto si rifletteva sulle tariffe ai cittadini, "è immaginabile che eliminando quel 7 per cento si riduca la bolletta", spiega Lucarelli. L'obiettivo, nell'idea portante che soggiace al referendum, è andare oltre il profitto. "Se si gestisce il servizio senza avere questo obiettivo, come per natura hanno le Spa, si supera il problema. Cioè - spiega ancora il professore - l'efficienza deve avere delle ricadute sui cittadini perché se ha ricadute solo sulla società allora è facile fare profitti alzando le bollette". Il problema invece è fare investimenti e "ridurre ulteriormente i margini dei profitti a vantaggio di una gestione efficiente".  Né più né meno come successo a Parigi dove, da quando la gestione è pubblica, "c'è una forte riduzione delle bollette".
E a chi dice che il pubblico gli investimenti non li farà mai,
Lucarelli risponde che "sono piuttosto i privati a non aver investito un euro da quando stanno nel settore". L'unica loro preoccupazione, fino ad oggi, è stata quella "di giocare sulle tariffe massimizzando i profitti. Questo discorso -  chiosa Lucarelli - è quindi fasullo perché da quando i privati sono entrati nella gestione del servizio idrico integrato c'è stata una riduzione degli investimenti pari al 65-70 per cento". Ma forse tutto il discorso è da rivedere perché l'inserimento nel "magico" decreto Sviluppo, in approvazione in Parlamento, rimette in campo un organismo come l'Agenzia per l'acqua - autorità di nomina politica che dovrebbe regolare il mercato idrico - che un senso ce l'aveva solo nell'ambito di un discorso di privatizzazione, in quanto modellata sul quell'articolo 23 del decreto Ronchi abrogato dal referendum. Come dire che, in barba alla volontà popolare, il privato esce dalla porta e rientra dalla finestra?

giovedì 16 giugno 2011

the day after

Acqua: riflessioni post referendum
di Luca Martinelli (Altreconomia)
Urne ancora calde; sul sito dell'Istituto «Bruno Leoni», think tank liberista che si è speso per il non voto ai due referendum su tariffa dell'acqua e servizi pubblici locali, appare un invito al governo: «Sull'acqua, faccia propria e proponga in Parlamento la proposta presentata dal Pd a fine dell'anno scorso - scrive Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell'Istituto-. Si tratta di una proposta per molti versi migliorativa rispetto alla legge Ronchi - specie sul fronte della regolazione. È senza dubbio meno rigorosa sull'aspetto delle gare, lasciando porte più aperte all'ira house, ma questo è in qualche maniera inevitabile dato il referendum».

L'analisi di Stagnaro è puntuale, ed evidenzia la distanza tra la proposta legislativa del Pd e il portato culturale dei due quesiti referendari, cui pure la segreteria nazionale del Pd ha aderito (dopo un lungo dibattito interno e grazie alla forte mobilitazione della base) nelle ultime settimane di campagna elettorale. Lo straordinario risultato numerico (ha votato sì oltre il 50 % degli elettori italiani) chiede, e rende necessario, un intervento legislativo. Una riforma, cosa che l'articolo 15 della legge Ronchi non era. Una vera riforma del servizio idrico integrato, che prenda di petto i problemi del settore. Su tutti, il fatto che secondo il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche, gli investimenti realizzati in un settore dove il privato è già molto presente sono pari al 55% di quelli programmati; e che l'Ue c'impone di garantire accesso universale a servizi di depurazione e fognatura entro il 2015, ma il nostro Paese è molto indietro, e che non è realizzabile con un sistema di finanziamento di tipo privatistico, secondo il modello del full cost recovery, che de-responsabilizza lo Stato.

Dobbiamo allora ridiscutere un ruolo per la finanza pubblica e la fiscalità generale. È un tema su cui il Comitato referendario «2 sì per l'acqua bene comune» ha elaborato una proposta, già discussa a Roma coinvolgendo anche FederUtility, e che senz'altro dovrà guidare il dibattito post-referendario, con i partiti politici e in Parlamento. Il testo da cui ripartire è quello della proposta di legge d'iniziativa popolare il cui titolo («Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico») indica una direzione programmatica. Tra gennaio e luglio 2007 è stata firmata da 406mila italiani. Purtroppo, è chiusa in un cassetto della Commissione ambiente della Camera. Durante questa legislatura, nessun deputato (né di maggioranza né di opposizione) ha fatto pressioni affinché venisse discussa. Il 12 e 13 giugno lo hanno chiesto oltre 26 milioni di italiani.


Luca Martinelli (L’Unità, 15 giugno 2011)

Per una disamina critica sulla proposta presentata dal PDLINK 
La montagna ha partorito il topolino: dal PD una legge sull'acqua

martedì 14 giugno 2011

Comunicato stampa

Referendum stravinto: Acqua, da oggi si cambia



Nonostante il boicottaggio sistematico da parte dei grandi mass media, nonostante i tentativi trasversali di trasformare la campagna referendaria nell'ennesimo scontro politicista tutto interno al Palazzo, le donne e gli uomini di questo Paese hanno risposto con una straordinaria partecipazione al voto e con un'inondazione di SI.
SI, la gestione dell'acqua dev'essere sottratta al mercato; SI, sull'acqua non si possono fare profitti.
Questo ha detto l'intero popolo italiano vincendo una grande battaglia di civiltà.
E' stata una campagna straordinaria che ha attraversato ogni angolo del Paese con allegria e determinazione: e il popolo italiano ha risposto, dimostrando come un'intera società sia in movimento per la riappropriazione sociale dell'acqua e dei beni comuni e per riconquistare la democrazia.
Da oggi niente sarà più come prima.
Con questo straordinario voto, per la prima volta dopo due decenni, il popolo italiano ha sonoramente sconfitto le politiche liberiste e l'idea che l'intera vita delle persone debba essere assoggettata al mercato.
Le donne e gli uomini di questo Paese hanno detto con meravigliosa chiarezza che un altro mondo è possibile, che la gestione dell'acqua dev'essere ripubblicizzata, che i beni comuni devono essere difesi, che un'altra democrazia è necessaria.
Questo limpido voto dice anche quali dovranno essere i prossimi passi.
L'abrogazione del famigerato decreto Ronchi richiede una nuova normativa. Dal 2007 è depositata in parlamento una legge d'iniziativa popolare,promossa dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua con oltre 400.000 firme: dev'essere immediata portata alla discussione ampia e partecipativa delle istituzioni e della società.
L'abrogazione dei profitti dall'acqua richiede l'immediata riduzione delle tariffe pagate dai cittadini, nonché la convocazione, ATO per ATO, di assemblee territoriali che definiscano tempi e modi della ripubblicizzazione del servizio idrico in ogni territorio.
E' stata una straordinaria traversata per l'acqua e la democrazia.
E' il tempo della festa. In tutte le piazze. Con tutte le donne e gli uomini che ci hanno creduto.
Ora possiamo guardare al futuro con nuova fiducia.
Roma, 13 giugno 2011
--
Luca Faenzi
Ufficio Stampa Comitato Referendario 2 Sì per l'Acqua Bene Comune
ufficiostampa@acquabenecomune.org

lunedì 13 giugno 2011

VIVA L'ITALIA, L'ITALIA LIBERATA

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57 (percento) volte QUORUM

potessi correrei come Tardelli la notte mundial dopo il gol

beppe

venerdì 10 giugno 2011

IO VOTO: il concerto in diretta su [NSDT] !

Grazie al tam-tam informatico dell'ultima ora, 473 computer (la nostra goccia del Popolo dell'Acqua!) si sono collegati al blog per seguire la lunga giornata di 
IO VOTO, 
concertone di Roma trasmesso in diretta streaming sul web;
il nostro contributo di partecipazione agli oltre 250.000 contatti informatici (al netto dei telespettatori).
 Grazie a tutti, ci vediamo ai seggi!

Al Revés: Bolivia

Di acqua, siamo...
di Eduardo Galeano

Tratto da AL REVES, America Latina alla rovescia
Nel 2000, la privatizzazione dell'acqua in Bolivia offrì uno spettacolo degno del Guinness dei primati. Nella regione boliviana di Cochabamba l'acqua fu privatizzata, compresa l'acqua della pioggia. Ci fu allora un'insurrezione popolare, e la sommossa cacciò dal paese l'impresa californiana che aveva avuto l'acqua in regalo, con pioggia e tutto, e aveva portato le tariffe alle stelle.

A Cochabamba scorse il sangue, però la dignità popolare recuperò, con la lotta, il più indispensabile dei beni di questo mondo. Quello fu un segnale d'allarme per tutti e dappertutto. Per questa strada, dove andremo a finire? Cosa pretenderanno, adesso, i padroni del potere universale? Vorranno imporci la privatizzazione dell'aria? Ci sarà da pagare per avere il diritto di respirare? Quali limiti toccherà l'assurdo del sistema dominante? Quattro anni dopo la sommossa popolare di Cochabamba, nel 2004, in Uruguay si tenne un referendum sull'acqua: affare di pochi o diritto di tutti?

Noi cittadini che appoggiammo il referendum fummo, al principio, molto pochi, voci di scarsa eco. L'opinione pubblica uruguayana subì un bombardamento di ricatti, minacce e menzogne. I grandi mezzi di comunicazione dicevano e ripetevano che votando contro la privatizzazione dell'acqua, ci saremmo ritrovati in castigo e in solitudine, e ci saremmo condannati a un futuro di pozzi neri e pozzanghere maleodoranti. Alla fine vincemmo, contro venti e maree, con più del settanta per cento dei voti. E così riuscimmo a far annullare le privatizzazioni dell'acqua che erano state concesse, e fu scritto nella Costituzione il principio che afferma: «L'acqua è una risorsa naturale essenziale per la vita. L'accesso all'acqua potabile e a condizioni minime di salubrità costituiscono diritti umani fondamentali». Questo fu il primo referendum sull'acqua che si tenne nel mondo, e il risultato fu una vittoria contro la paura.

La gente votò per confermare che l'acqua, risorsa naturale e peritura, deve essere un diritto di tutti e non un privilegio di chi se lo può pagare. E la gente confermò, anche, di non essere tonta e di sapere che di qui a poco, in un mondo assetato, le riserve di acqua saranno ambite quanto o più delle riserve di petrolio. Non varrebbe la pena che altri paesi sottoponessero il tema dell'acqua al voto popolare? In una democrazia, quando è autentica, chi deve decidere? La Banca Mondiale o i cittadini di ciascun paese? I diritti democratici esistono davvero o sono le ciliegine che ornano una torta avvelenata? Non sarebbe democratico mettere al voto le privatizzazioni, dell'acqua e tutto il resto, visto che toccano il destino di molte generazioni?

Scrivo queste parole qualche giorno prima del referendum sull'acqua in Italia. Speriamo che vinca il senso comune. Il senso comune c'insegna che l'acqua, come l'aria, non appartiene a chi la può comprare: l'acqua è di chi ha sete. Però nel mondo di oggi, il senso comune è il meno comune dei sensi, e può succedere di tutto. Chissà. Quale che sia il risultato, continueremo a credere che la difesa dell'acqua è un dovere di legittima difesa del genere umano. Perché di acqua siamo, e quando lo neghiamo stiamo tradendo la più antica memoria dell'umanità.

giovedì 9 giugno 2011

Rassegna stampa ragionata #2

Intervista a monsignor Gianfranco De Luca a pochi giorni dal referendum, nel quale si deciderà il futuro dell’acqua e della sua gestione. 
«L’acqua è un dono di Dio, e come tale va salvaguardato e custodito. Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti», afferma il religioso, che ripercorre anche le iniziative di sensibilizzazione portate avanti dalla diocesi di Termoli-Larino.



Il referendum del 12 e 13 giugno pone all’attenzione dell’opinione pubblica il destino dell’acqua. Due i quesiti sui quali sarà chiamata a esprimersi la popolazione, insieme al ritorno all’energia nucleare e al legittimo impedimento. Nel primo si propone di abrogare l’articolo di legge relativo alla privatizzazione della gestione idrica. Alla base del secondo, la scelta di annullare la parte del decreto che dà la possibilità al gestore di aumentare l’importo dei ricavi. Sul tema della salvaguardia dell’acqua, bene di tutti, sono state promosse numerose iniziative e battaglie. La diocesi di Termoli-Larino ha fatto fin dall’inizio opera di sensibilizzazione. Ricordando il percorso intrapreso, cominciato prima della raccolta firme per il referendum, a pochi giorni dal voto Primonumero.it ha intervistato il vescovo monsignor Gianfranco De Luca. «La Chiesa richiama i principi della dottrina sociale, l’acqua è un dono di Dio e come tale va salvaguardato e custodito – le parole del religioso – Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti». Il vescovo ricorda un proverbio africano: «Quello che è nostro non è mio», un detto della sapienza popolare che invita a riflettere sul rispetto del bene comune.



Due dei quattro quesiti referendari su cui si è chiamati a decidere riguardano l’acqua e il diritto di ognuno di noi a concepirla come un bene pubblico. Lei ha avuto da subito una posizione ben definita.

«Quando sono arrivato qui in Basso Molise la diocesi si era fatta già promotrice di iniziative legate all’acqua, prima che si parlasse del referendum. E’ stata richiamata l’attenzione dei sindaci del territorio perché scadevano i termini della legge. L’acqua è un bene comune, subito mi sono reso conto che eravamo sulla strada giusta».



Anche la diocesi di Termoli-Larino è molto sensibile a questo tema. Perché la Chiesa ha deciso di esporsi prendendo una posizione netta?

«La Chiesa richiama i principi della dottrina sociale. L’acqua è un dono di Dio, e come tale va salvaguardato e custodito. Il rischio che si corre è quello della privatizzazione selvaggia, che mette in mano a pochi il bene di tutti. Non si tratta di scendere in campo da una parte o dall’altra, ognuno può fare le sue scelte».



Ci può spiegare con semplicità che cosa accadrebbe se prevalesse il no o se non si dovesse raggiungere il quorum?

«Andrebbe avanti il percorso di affidamento ai soggetti privati della gestione e della distribuzione dell’acqua».

In questi mesi ci sono stati anche degli incontri, è venuto padre Alex Zanotelli che da molti anni lotta per il diritto all’acqua pubblica. Voi che tipo di lavoro avete fatto come diocesi?

«La diocesi, attraverso l’ufficio pastorale sociale ha sensibilizzato i sindaci e l’Ato con convegni, dibattiti, e anche attraverso gli operatori laici. Dopo anche la raccolta firme, che è stata promossa in tutta Italia, c’è stato l’impegno in vista del referendum. La nostra diocesi ha svolto iniziative in consonanza con i pastori di altri territori. Siamo entrati a far parte della rete interdiocesana sui nuovi stili di vita, che unisce 25 diocesi. E’ importante capire che insieme al sì per l’acqua pubblica va promossa una cultura civica, sull’uso corretto, per evitare gli sprechi. Come diocesi abbiamo promosso anche due pubblicazioni, dedicate agli stili di vita alternativi. Sul sito internet diocesano è possibile consultare dodici schede sull’energia, per ripensare alle scelte, e tra gli estensori di questo documento ci sono don Silvio Piccoli e Antonio De Lellis. Un’altra pubblicazione è dedicata al consumo critico, all’altro mercato, ed è a disposizione dei catechisti».



I sacerdoti, i parroci di Termoli convergono tutti? E’ una posizione condivisa da tutte le parrocchie? Se ne è parlato in chiesa e negli incontri religiosi?

«L’impostazione è sicuramente condivisa da tutti, e nelle singole parrocchie si è parlato sicuramente del tema».

Questa volta ci sono comunque movimenti, partiti, associazioni che in maniera trasversale e senza colori politici cercano di sensibilizzare a questo referendum. Se è un argomento che tocca così tanto la società civile e anche quella laica e religiosa crede che i cittadini andranno a votare e che siano sufficientemente informati?

«La legge prevede anche l’astensione, ma l’augurio è che tutti vadano a votare, per esprimere liberamente il proprio pensiero, perché riguarda il bene di tutti. Ed è un augurio anche che ci sia stata buona informazione».



Cosa auspica per il referendum?

«Credo che più ci sono consapevolezza e partecipazione, più la democrazia è sana. Voglio ricordare un proverbio africano, letto qualche giorno fa, dice così: ‘Quello che è nostro non è mio’, penso che sia bene applicato all’acqua, è la sapienza popolare che parla. Il rischio è che appunto il “nostro” venga accaparrato da qualcuno».

Privatizzare significa aprire ad aumenti ingiustificati di un diritto essenziale come l’acqua. Quali sono i rischi dal punto di vista sociale?

«Conosciamo tutti le difficoltà dovute alla crisi, è ovvio che ci sono dei rischi e sappiamo anche che in Europa ci sono stati dei ritorni alla gestione pubblica dell’acqua. Sono due i grossi problemi: far sì che la rete di distribuzione non faccia ‘acqua’, visto che c’è un’alta percentuale di dispersione, ed è indispensabile promuovere l’educazione all’uso del bene comune, il consumo misurato è fondamentale. Bisogna sensibilizzare sugli stili di vita impostati sulla sobrietà».



Può rivolgere un appello a chi è indeciso o non avverte l’urgenza di pronunciarsi su questo tema?

«Credo che questa sia un’occasione per crescere nella sensibilità sociale e nella ricerca del bene comune. Spero che grazie anche al referendum possa svilupparsi la passione e l’attenzione intorno a questi temi. Non si può delegare a qualcuno il bene di tutti».

Tra i quesiti del referendum c’è anche il ritorno all’energia atomica e anche in questo caso la diocesi ha promosso delle iniziative, come la marcia nel dicembre del 2009, insieme al Comune.

«Non c’è una pregiudiziale assoluta sul nucleare, però esistono i dubbi sulla sicurezza delle centrali, considerando anche la circostanza del maremoto di Fukushima, che ha confermato i timori. Il problema dello smaltimento delle scorie lascia delle forti perplessità sulla scelta. Bisogna tener presente il principio di precauzione della dottrina sociale, con il nucleare lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi il principio della radioattività. Il principio della precauzione induce a valutare attentamente le conseguenze delle scelte. Nello specifico bisogna tener presente la vocazione turistica e agroalimentare del territorio, e il rischio che questo sviluppo possa essere compromesso».

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Il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro, e l’Azione cattolica diocesana dicono “sì” ai quattro referendum abrogativi. Le tematiche, secondo il mondo cattolico locale, sono estremamente importanti per questo si auspica un’ampia partecipazione al referendum. «L’Azione Cattolica», ha precisato il presidente diocesano, Alessandro Franceschini, «considerando anche la sottoscrizione da parte del vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro del documento “Acqua: dono di Dio e bene comune”, ha già avuto modo di dare un proprio contributo sui quattro referendum abrogativi».
 Secondo il responsabile dell’Azione Cattolica diocesana «l’acqua non è solo un bene, ma un dono essenziale per la vita dell’uomo. Un dono che va tutelato e garantito a tutti, che non può essere sottoposto alla legge del profitto senza rigorose, adeguate e sistematiche garanzie per i più deboli e per la collettività. La tecnologia nucleare impatta un altro punto essenziale, la salute dell’uomo, per la quale non possono essere ammessi rischi di nessun tipo. Inoltre, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge è un principio costituzionale che richiede applicazione, specie in questa fase di disillusione politica. Lo dimostra l’astensionismo alle recenti elezioni amministrative». L’Azione Cattolica invita tutti i cattolici «ad un’ampia partecipazione al voto».
 In vista dei referendum abrogativi del 12 e 13 giugno l’Azione Cattolica di Magliano dei Marsi, in collaborazione con il centro diocesano, ha organizzato un incontro di sensibilizzazione e informazione sui quesiti referendari per domani alle 19 nella sala consiliare del comune. Anche i Giovani democratici della provincia scendono in campo per i quattro “sì” ai referendum. «Ci dobbiamo impegnare affinché si raggiunga il quorum», hanno affermato Jacopo Arpetti, segretario dei Giovani democratici dell’Aquila e Andrea Fidanza, dell’assemblea regionale dei Gd. «Abbiamo spiegato a molti universitari l’importanza di votare quattro volte sì: perché l’acqua rimanga un bene pubblico evitando così l’aumento esponenziale delle bollette, perché non si ripetano altre Chernobyl e Fukushima in un territorio altamente sismico come il nostro, e perché per la Costituzione tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge».

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Il popolare conduttore Rai Giancarlo Magalli, che raramente parla di politica, questa volta ha deciso di schierarsi: contro l'atomo, per l'acqua pubblica e perché la legge sia uguale per tutti
[fonte l'espresso online, 03 giugno 2011]

Giancarlo Magalli non è noto per essere il tipico personaggio dello spettacolo impegnato in politica, tra raccolte di firme e appelli al voto. Anzi: un po' per carattere e un po' per le trasmissioni popolari che fa - nelle quali bisogna sempre parlare a tutti, senza prendere troppo le parti - non ha mai dato modo a nessuno di etichettarlo, destra o sinistra, berlusconiano o anti. Ma questa volta, per i referendum del 12 e 13 giugno, il conduttore de ?¤˜I fatti vostri' ha scelto di uscire allo scoperto e di invitare gli italiani ad andare alle urne: «Per la vita, per la salute e per l'onestà pubblica», come spiega in questa intervista.
Magalli, come mai questo outing?

«Non mi piace che si costruiscano centrali nucleari in Italia. Non mi piace che l'acqua venga gestita dai privati. E non credo proprio che Ruby fosse la nipote di Mubarak».
Quindi?
«Quindi ho appena finito la trasmissione e me ne potrei andare in vacanza, invece il prossimo weekend sto a Roma a votare. Come si fa a non essere interessati, questa volta? E' in gioco il futuro dei nostri figli».
Partiamo dal nucleare.
«Guardi, io non non sono sempre stato contro l'atomo, anzi: quando ci fu il primo referendum, nel 1987, pensavo che fosse un'energia pulita su cui fare conto mano a mano che finiva il petrolio. Poi però ho capito che non è pulita affatto, che il meccanismo una volta acceso non si spegne più. Ma davvero vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti una Terra inquinata da scorie mortali che non si sa dove nascondere? E' questo l'aspetto più importante, rischio di incidenti a parte».
Quello che è successo in Giappone non ha influito sul suo giudizio?
«Fukushima ci ha messo del suo, certo, ma io credo che si debba dire di no all'atomo sulla base di un ragionamento per il futuro, non di un'emozione. Quella atomica è una scelta miope ed egoista, perché magari non succede niente finché siamo in vita noi, però lasciamo in giro materiale inquinatissimo per migliaia di anni. Insomma, scarichiamo un nostro problema sulle prossime generazioni. Senza dire che io non credo alla buona fede di tanti nuclearisti...».
In che senso?
«Cercano di spiegarci che l'atomo è un'energia utile perché è utile a loro per guadagnare. Dietro all'entusiasmo di alcuni per il nucleare temo che ci sia soltanto l'entusiasmo di quelli che devono costruire le centrali: appalti, ruberie, mangerie. Che io debba mettere i miei figli a rischio di radiazioni perché una nuova o una vecchia cricca possa fare i soldi costruendo le centrali non mi fa tanto piacere».
Poi c'è il referendum sull'acqua...
«Se è un bene pubblico - e questo lo riconoscono tutti - perché dev'essere distribuito dai privati? Perché la legge attuale regala ai privati un sette per cento di aumento delle bollette senza nemmeno vincolarlo a investimenti, quindi in cambio di nulla? Ma le sembra logico, le sembra giusto?».
Beh, loro dicono che avremo più efficienza...
«Dove l'hanno privatizzata non c'è stato nessuno miglioramento, anzi. Né nella qualità dei servizi né tanto meno nei prezzi. Infatti in Francia, ad esempio, stanno tornando indietro. In Belgio e in Olanda hanno vietato la privatizzazione. Non credo che stiano sbagliando. Tanto più che vale anche qui il discorso che si faceva prima sul nucleare...»
Cioè?
«L'impressione è che si scontri il beneficio del pubblico con l'interesse del privato. E la sensazione che lo Stato possa essere dalla parte dell'interesse del privato è, diciamo, molto fastidiosa».
Infine, il legittimo impedimento.
«Eh, questo è il quesito che hanno cercato in tutti i modi di evitare, a costo di far saltare tutti gli altri. Ma gliel'ho io detto, io proprio non credo che Ruby sia la nipote di Mubarak: mi dispiace, ma non riesco a crederlo (ride)».
Allora, un piccolo appello finale?
«Aria senza radiazioni, acqua senza padroni, legge uguale per tutti. Io il 12 e il 13 giugno vado a votare, mi piacerebbe di trovare anche milioni di voi ai seggi, in quei giorni. Facciamoci compagnia no? E' nell'interesse comune».

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Nella logica delle cose, se ci sono dei referendum e ci sono i relativi comitati che si sono impegnati a raccogliere le firme e a promuoverne le ragioni, sono essi i più titolati a sostenerne le ragioni pubblicamente. È davvero curioso in questi giorni assistere a programmi che da Ballarò ad Anno Zero, dai tiggì a Linea Notte del TG3, danno la parola esclusivamente ai rappresentanti dei partiti. Un segno francamente inquietante che rivela come funziona l’informazione in Italia e quale considerazione ricevono gli strumenti della democrazia. Sarebbe come invitare un agronomo a parlare delle relazioni diplomatiche del nostro Paese con la Birmania e un filosofo della morale a giudicare la ricetta dei ravioli in brodo di carne. C’è la volontà di boicottare l’appuntamento di domenica con la democrazia oppure la convinzione che solo i rappresentanti più autorevoli delle forze politiche conoscono tutti i temi e ne possono trattare? Una par condicio di facciata che, per essere davvero corretta dovrebbe aprire i microfoni ai comitati del Si e del No e invece lascia che bisticcino negli studi televisivi personaggi che devono giustificare le proprie posizioni del presente e del passato in materia di privatizzazione dell’acqua, di nucleare e di uguaglianza davanti alla legge. Anche per queste ragioni io domenica vado a votare.
 Tonio Dell'Olio
Mosaico dei giorni, 8 giugno 2011
http://www.peacelink.it/mosaico/a/34132.html

mercoledì 8 giugno 2011

Attac Italia

C'E' VITA SUL PIANETA ITALIA. INFATTI C'E' L'ACQUA

“C'è vita sul pianeta Italia” hanno affermato in molti dopo i risultati delle recenti elezioni amministrative.
Pochi tra loro hanno fatto il collegamento più logico : c'è vita perché c'è l'acqua.
E l'acqua c'è, trasparente e in movimento, da anni.
Diffusa nei territori che hanno contrastato le privatizzazioni, raccolta nel Forum italiano dei movimenti per l'acqua che, dopo aver consegnato con oltre 400.000 firme una legge d'iniziativa popolare, dopo aver realizzato tre grandi manifestazioni nazionali, ha raccolto, nel più totale silenzio dei grandi mass media, senza padrini politici e senza finanziamenti, oltre 1,4 milioni di firme per chiedere i referendum.
E che da tre mesi sta attraversando ogni angolo del paese, con la determinazione di chi lo vuole migliore, con l'allegria di chi vede che sta cambiando.
E' stata una grande esperienza di alfabetizzazione popolare, un' autoformazione collettiva che ha dato nuovo significato alle parole diritti, beni comuni, democrazia, partecipazione.
E' stata una grande esperienza di inclusione sociale, che, attorno a obiettivi radicali - fuori l'acqua dal mercato, fuori i profitti dall'acqua- ha messo insieme storie e culture differenti dentro un grande laboratorio di intelligenze collettive, dentro una nuova agorà di partecipazione diretta.
E che ha già vinto su alcuni punti sostanziali.
Il primo dei quali è quello di aver permesso, dopo anni di sequestro della democrazia reale a tutti i livelli, di affermare un nuovo principio : su ciò che a tutti appartiene, tutte e tutti devono poter decidere.
Non solo. Ha costretto il mondo politico istituzionale ad abbandonare l' autoreferenzialità di una dinamica politica tutta giocata nelle porte chiuse del 'Palazzo' , lo ha obbligato ad aprire le finestre e a discutere di acqua, energia, beni comuni, diritti, società.
Rompendo così culture politiche ed amministrative che si ritenevano inossidabili nella cieca fiducia trasversale all'ideologia del mercato quale unico regolatore sociale.
E' un movimento che ha già vinto culturalmente, nei cuori e nelle menti delle persone.
In questi ultimi giorni di campagna referendaria, oltre al sacro terrore dei grandi gruppi finanziari che intravedono l'anticipata fine del banchetto delle privatizzazioni, stiamo assistendo alla mobilitazione decisa e diretta di partiti politici, governatori di regione, esponenti politici in favore dei SI.
E' un altro straordinario risultato di un movimento che nella sua reticolare opera di sensibilizzazione sociale è riuscito a coinvolgere tanto direttamente le persone da costringere le segreterie nazionali dei partiti a dover prendere atto che qualcosa di nuovo sta succedendo.
E così il PD ha dovuto prestare ascolto ai suoi tanti attivisti di base, mettendo, almeno per ora, in disparte le lobbies interne che in questi anni sono state tra le più fervide nei processi di privatizzazione territoriale; così la Lega Nord ha dovuto prendere atto che nella sua base elettorale e amministrativa, l'idea della consegna dell'acqua ai mercati finanziari faceva a botte con l'esaltazione delle autonomie locali.
Il 12 e il 13 giugno saranno due belle giornate : si vota per la la ripubblicizzazione dell'acqua, per la difesa dei beni comuni e della democrazia.
Proprio per questo, e soprattutto a quei partiti, vorremmo fosse chiara una cosa : quel voto non sarà solo un sondaggio d'opinione, o l'espressione di un generico bisogno che il mondo politico istituzionale dovrà interpretare e portare a sintesi.
Dentro la mobilitazione sociale di questi anni e di questi giorni c'è molto di più : c'è l'avvio della riappropriazione sociale dell'acqua e dei beni comuni, c'è l'avvio della costruzione di una nuova democrazia partecipativa, c'è il primo vero stop popolare all'ideologia liberista e del mercato.
C'è il futuro, cui nessuno potrà sottrarsi.

Marco Bersani
Attac Italia – Comitato referendario “2 SI per l'acqua bene comune”

lunedì 6 giugno 2011

Rassegna stampa ragionata

Le mani sull'acqua, è solo il primo passo

di Andrea Palladino (Il Manifesto, Domenica 05 Giugno 2011)

Seguendo il corso dell'acqua si arriva lontano. Si scoprono le fonti, nascoste negli appennini italiani, gli antichi acquedotti romani, i pozzi contaminati del Lazio, le silenziose guerre per l'acqua che si combattono attorno alle sorgenti. Per chi ha pazienza e curiosità, le tubature oggi gestite dai colossi italo-francesi possono, però, sbucare nei posti più inaspettati, come il nuovo campus universitario di Tor Vergata, inaugurato da qualche mese con le gran casse delle tivù. O può capitare di ritrovarsi tra i rifiuti della Calabria, o tra le ceneri del bruciatore della Versilia, contenute in impianti che non funzionano e che, probabilmente, mai funzioneranno.

Gestire la vita

Le due sorelle francesi Gdf Suez e Veolia sulla gestione del nostro quotidiano non temono confronti. Hanno saputo vincere la concorrenza degli inglesi e degli spagnoli, hanno convinto governi di cinque continenti, hanno avuto la capacità di rendere docile la Banca mondiale e l'establishment di Bruxelles. Loro semplicemente gestiscono la vita: l'acqua quando si nasce, i rifiuti che produciamo, i nostri primi passi nell'università, accompagnandoci negli anni passati nei campus. E poi i trasporti, le scorie che producono le fabbriche chimiche e farmacologiche, la monnezza che - come è noto - in Italia è un bel business. Siamo clienti, dalla nascita alla morte.
Questa è la partita che si giocherà il 12 e 13 giugno, partendo dalla critica radicale al core business delle grandi sorelle dei servizi, scardinando il sistema creato più di dieci anni fa nelle grandi École de administration francesi, il PPP, ovvero il partenariato pubblico privato. Alleanza strana, dove lo Stato mette i suoi cittadini e loro - Suez e Velia - mettono la capacità di capitalizzare il reddito estraibile dalla nostra vita. Dalla nascita alla morte.

Studiare sotto il segno di Veolia
Cosa lega le bollette di Acqualatina alle università italiane? Jean Louis Marie Pons, manager di lungo corso di Veolia, oggi dirige la Siram Sì, società del gruppo francese che gestisce la città universitaria annessa a Tor Vergata, secondo ateneo romano. La realizzazione è stata affidata al gruppo Caltagirone, presente a sua volta in Acea - in teoria un concorrente diretto di Veolia - ben rappresentato dal cognato Marco Staderini, amministratore delegato del gruppo romano. Caltagirone da un paio d'anni ha iniziato una vertiginosa scalata in Acea, passando dal 4 al 15%, sperando con tutto il cuore di avere il via libera per diventare il vero successore del comune di Roma nella holding dei servizi romani. Per Veolia la gestione di pezzi delle università è uno dei tanti servizi diversificati, in grado di fare cassa, magari approfittando del clima friendly di un campus universitario per far capire che privato è bello.
Il valore della gestione del campus universitario di Roma - che Veolia si è aggiudicata - si aggira attorno ai 170 milioni di euro e include l'amministrazione di ogni aspetto della vita interna al campus, dagli affitti alla tutela della privacy. Il modello privato si vede e si sente: tutti gli accessi sono controllati, la vigilanza affidata a istituti di sicurezza privati, «che percorrono tutta l'area, all'aperto e all'interno delle palazzine 24 ore su 24», mentre ogni visitatore dovrà essere munito di apposito badge. Qui, nel campus gestito da Veolia, entri solo se sei invitato. Le palazzine che ospitano gli studenti - e che coprono il 60% dei posti universitari di Roma - sono state realizzate con un accordo pubblico-privato, che ha visto coinvolto il Fondo Aristotele dell'Inpdap, gestito da Fabrica Immobiliare Sgr spa, società partecipata dal gruppo Caltagirone. Il fondo Aristotele ha accumulato interventi milionari nelle infrastrutture degli atenei - pubblici e privati - italiani. Oltre alla residenza di Tor Vergata, il fondo d'investimento gestito dal principale azionista privato di Acea ha finanziato la facoltà di agraria di Napoli, l'università degli studi di Modena e Reggio Emilia, l'Ifo di Milano e il campus universitario di Bari.

La monnezza alla francese
«In cima alla piramide dei rifiuti ci sono le grandi imprese mondiali, come la Generale des eaux», raccontava nel 1998 un bizzarro personaggio, Guido Garelli, che amava presentarsi con il grado di Commodoro del Sahara Occidentale. Ha scontato una pena di 14 anni di reclusione e ai magistrati di Milano ed di Asti ha raccontato molto sul mondo dei rifiuti, partendo dall'Italia e arrivando in Somalia. Ora la Generale des eaux si chiama Veolia e di rifiuti se ne intende. In Italia - oltre ai campus universitari, alla gestione dell'acqua a Latina, in Calabria e in Sicilia - ha espresso una particolare vocazione per la monnezza. Da diversi anni Veolia gestisce gli inceneritori di Gioia Tauro in Calabria, di Falascaia in Versilia, di Brindisi, di Potenza e di Vercelli, molti dei quali acquistati dalla società spezzina Termomeccanica. E non sempre le cose sono andate per il verso giusto. Quando i tecnici mandati dalla sede di La Spezia del colosso parigino sono entrati negli impianti di incenerimento in provincia di Lucca si sono accorti che qualcosa non funzionava. I dati delle emissioni erano truccati, grazie alla correzione che veniva effettuata dagli operatori. Un sistema intollerabile, ha scritto l'ingegner Rossi - cognome italianissimo, ma datore di lavoro francese - che spiegava in un memorandum interno che era meglio ottimizzare quel sistema: «Si è rivelato necessario introdurre un nuovo artificio, al fine di poter mantenere l'impianto in funzionamento, consistente nel raccogliere i dati rilevati al camino e trasformarli, in modo continuo tramite l'inserimento del fattore di correzione (K) del valore 0,1», scriveva Paolo Rossi in un internal memo nel 2008. Oggi quell'impianto è definitivamente chiuso, divenuto una sorta di monumento a quella gestione della vita tanto cara alle multinazionali dell'acqua, dei rifiuti e dei servizi. Il caso di Falascaia non è il solo. Nel 2009 l'inceneritore di Brindisi - sempre gestito da Veolia - fu sequestrato dal Noe. Anche in questo caso il sistema di controllo delle emissioni aveva seri problemi, secondo le analisi dei carabinieri. E accanto agli impianti il Noe trovò mille fusti di scorie non identificate, di cui non fu possibile capire la provenienza. 
Il cavallo di Troia
L'acqua è dunque solo la punta dell'iceberg, un cavallo di Troia che renderebbe accettabile ogni tipo di privatizzazione. La legge Ronchi punta - grazie anche alla consegna del silenzio - dritto al cuore dei servizi essenziali per la vita, aprendo culturalmente la strada alla privatizzazione diffusa e invasiva. Il referendum è una sorta di ultimo appello, di battaglia finale per bloccare la cessione della gestione dell'acqua potabile alle società multinazionali. C'è una ricorrenza che fa ben sperare: i 65 anni della Repubblica. Il mese di giugno del 1946 fu un referendum a sancire il valore repubblicano della nostra Costituzione. Dal 13 giugno probabilmente potremmo dire che l'Italia si fonda non solo sul lavoro, ma sulla difesa dell'essenziale della vita. Dalla nascita alla morte.

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Costi, dispersione, efficienza i falsi miti dell'acqua privata
In vista dell'appuntamento del 12 e 13 giugno, Altraeconomia ha realizzato un dossier che sfata, punto per punto, tutte le false credenze nate intorno alla privatizzazione del servizio idrico italiano. Gli acquedotti pubblici non sono affatto dei "colabrodo". E gestione privata il più delle volte fa rima con bolletta salata

di Giulia Cerino (La Repubblica, Domenica 05 giugno 2011)

MITO numero uno: gli acquedotti "pubblici" sono dei colabrodo. "Falso: secondo i dati di Mediobanca, il peggiore, se consideriamo la dispersione idrica (litri immessi in rete e non fatturati/abitanti/lunghezza della rete gestita), è quello di Roma, dove l'acquedotto è affidato ad Acea, una spa quotata in borsa i cui principali azionisti sono il Comune di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone e Suez". In vista del referendum del 12 e 13 giugno, Altraeconomia ha pubblicato un dossier "speciale". Lo scopo? Sfatare punto per punto tutte le false credenze nate intorno alla privatizzazione del servizio idrico italiano. A partire dai costi. Secondo il Conviri (Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche), per i prossimi 30 anni servono circa 64 miliardi di euro per la manutenzione e l'ammodernamento delle reti idriche di casa nostra. Due miliardi l'anno, una cifra standard necessaria in ogni caso, a prescindere dall'esito del referendum. Di questi, il 49,7% è diretto al comparto acquedottistico (per nuove reti,  impianti e per manutenzione) mentre il 48,3% alle fognature e alla depurazione. A metterci i quattrini dovrebbero essere lo Stato, le Regioni e i Comuni d'Italia dato che quelli - spiega Pietro Raitano, direttore del mensile Altreconomia e curatore del dossier Speciale Referendum - sono "soldi delle nostre tasse, gli stessi che vengono usati anche per riparare le strade, per costruire il ponte sullo Stretto o per la Difesa".


Ed ecco sfatato il secondo mito. Con l'ingresso dei privati, la bolletta non si ridimensionerà. Al contrario, ai costi standard appena elencati se ne aggiungono altri. Per fare i lavori infatti (gli stessi che dovrebbero fare gli enti pubblici) le aziende punteranno al risparmio tentando di "scaricare l'investimento sulle bollette, come previsto dalla legge". Dunque, nel conto di ogni italiano saranno inclusi, oltre ai lavori ordinari, "anche gli utili delle aziende", spiega Raitano. La concorrenza tra privati non basterà a contenere i costi. Anzi. In assenza di ulteriori interventi normativi e in virtù della legge Galli del 1994, come modificata dal dl 152/2006, i costi di tutti gli investimenti sulla rete acquedottistica finiranno in bolletta. Il business ringrazia. I consumatori non proprio perché - conclude Raitano - pretendere tariffe più basse significherebbe - trattando con dei privati - "necessariamente un blocco degli investimenti".

La privatizzazione della gestione dell'acqua prevista dal decreto Ronchi (numero 135 del 2009) ha dunque di fatto provocato un aumento dei costi. A dimostrarlo sono anche le cifre del rapporto Blue Book che ha pensato di confrontare le tariffe della gestione privata con quelle in house. Risultato? Nel primo caso sono aumentate del 12% rispetto alle previsioni, nel secondo il dato è rimasto quasi costante (solo l'1% in più). Conferma la tendenza anche l'annuale dossier, realizzato dall'Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, dal quale si scopre che dal 2008 il costo dell'acqua non ha fatto che aumentare: la media è del più 6,7%, con aumenti del 53,4% a Viterbo (record nazionale), Treviso (+44,7%) Palermo (+34%) e in altre sette città, dove gli incrementi hanno superato il 20%: Venezia (+25,8%), Udine (+25,8%), Asti (+25,3%), Ragusa (+20,9%), Carrara (+20,7%), Massa (+20,7%) e Parma (+20,2%).

In generale, gli incrementi si sono registrati in 80 capoluoghi di provincia ma è la Toscana che si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte (369 euro). Costi più elevati della media nazionale anche in Umbria (339 euro), Emilia Romagna (319 euro), Marche, Puglia (312 euro) e Sicilia (279 euro) mentre capita spesso di trovarsi di fronte a differenze all'interno di una stessa regione: l'acqua di Lucca costa 185 euro in meno di quella di Firenze, Pistoia e Prato. Stessa cosa in Sicilia: tra Agrigento e Catania lo scarto è di 232 euro. D'altra parte, la logica che muove ogni business degno di tale nome - scrive Luigino Bruni, docente di economia politica all'università Milano-Bicocca - è quella di fare utili, possibilmente a breve termine. Il ragionamento fila: "Le imprese private hanno per scopo il profitto. Chi massimizza il profitto non tiene conto dell'ottimo sociale e difficilmente può essere controllato, nemmeno con un meccanismo di sanzioni".

Sul tema dell'acqua poi sembra circolino tanti altri falsi miti. Si dice, ad esempio, che la gestione privata della rete idrica sia molto efficiente. Sbagliato. "Uno dei migliori acquedotti del nostro Paese - spiega Raitano - è quello di Milano, al cento per cento di gestione pubblica, dove l'acqua viene controllata più volte al giorno e le dispersioni sono minime". E' quindi "dogmatico dire che la gestione privata garantisce una migliore gestione della rete. Le esperienze che si sono fatte in questi anni in Calabria, ad Agrigento, a Latina dimostrano che dove gli acquedotti sono passati in mano ai privati c'è stato solo un aumento delle tariffe". E' successo in Calabria, dove alcuni sindaci della Piana di Gioia Tauro si sono visti raddoppiare la bolletta. A San Lorenzo del Vallo, comune di 3.521 abitanti della provincia di Cosenza, il conto è salito da 100 a 190 mila euro l'anno perché  -  spiega il sindaco  -  l'azienda che gestisce l'acqua in tutta la Calabria (la So.Ri.Cal) con concessione trentennale ha arbitrariamente aumentato la tariffa del 5%. Una cifra, questa, pari all'intero bilancio del piccolo comune che, non avendo saldato il debito, e stato dichiarato moroso.

Privati o no, la gestione idrica pubblica in Italia sembra aver fallito. Il Belpaese spreca acqua continuamente. Ogni giorno si perdono circa 104 litri di sangue blu per abitante, il 27% di quella prelevata. Considerando ogni singolo italiano si scopre che consumiamo a testa in media 237 litri di liquido al giorno: 39% per bagno e doccia, 20% per sanitari, 12% per bucato, 10% per stoviglie, 6% per giardino, lavaggi auto e cucina, 1% per bere e 6% per altri usi. A fronte di un terzo dei cittadini che non ha un accesso regolare e sufficiente alla risorsa idrica, otto milioni di italiani non ne hanno di potabile e 95 milioni di litri di acqua che, ogni anno, vengono usati per l'innevamento artificiale. Dunque il problema - conclude il dossier - non si risolve nemmeno affidando l'acqua ai privati che - per loro natura  - tenderebbero a spostare le reti idriche nelle zone d'Italia più fruttuose. Il punto semmai è la totale assenza di un piano normativo, economico ed amministrativo nazionale volto a finanziare e supportare le tecnologie necessarie. In alcune regioni d'Italia mancano ancora gli Ato, ambiti territoriali ottimali, territori appunto su cui sono organizzati servizi pubblici integrati. Come quello dell'acqua o dei rifiuti.

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La Repubblica, Venerdì 03 Giugno 2011

AGCOM contro la RAI



Intanto la corsa per raggiungere il quorum continua a scontrarsi con un'informazione sui quesiti ancora lacunosa. Nonostante il richiamo dell'Agcom, a nove giorni dall'appuntamento col voto, denuncia Roberto Zaccaria, deputato Pd e coordinatore del Gruppo di ascolto sul pluralismo televisivo, "il tema del referendum ha una visibilità alternata nei tg; c'è chi ne parla, e approfonditamente, e chi invece si dimentica pure di citarlo". Da qui il nuovo intervento del Garante che ha diramato oggi un "ultimo avviso" alla Rai, che dovrà assicurare spazi adeguati ai temi dei referendum. E in serata arriva la conferma: Viale Mazzini ha disposto, a partire da domani, nuove programmazioni e spazi per l'informazione sui referendum del 12 e 13 giugno. La Rai ha comunicato la nuova pianificazione delle tribune elettorali e dei messaggi autogestiti. Restando "confermati tutti gli altri spazi calendarizzati", la Rai ha previsto a partire dal 4 giugno messaggi autogestiti aggiuntivi domani su Raidue alle 19,15 e su Raitre alle 18,40 e domenica alle 18.35 su Raiuno e alle 20 su Raitre. Quanto alle tribune elettorali, quella prevista lunedì alle 14,10 è stata spostata da Raitre a Raiuno e quella in programma mercoledì alle 18,25 è stata trasferita ancora su Raiuno da Raidue.
"L'ordine confermativo" adottato oggi dall'Agcom prevede, infatti, "da domani" la diffusione giornaliera dei messaggi autogestiti su tutte le tre reti generaliste assicurando, a rotazione, la collocazione nella fascia di maggior ascolto; la diffusione di tribune elettorali su tutte le tre reti, assicurando a rotazione, almeno su una rete al giorno, la trasmissione nella fascia di maggior ascolto. La televisione di Stato dovrà inoltre garantire una rilevante presenza dei temi oggetto dei referendum nei telegiornali e nelle trasmissioni informative di maggior ascolto di tutte e tre le reti.
Hanno talmente ben recepito la direttiva che sbagliano pure la data [NdR]...
nell’edizione del 4 giugno delle 13.30 nel sommario iniziale il giornalista del TG1 Filippo Gaudenzi annuncia che «cresce l’attesa per il referendum del 13 e 14 giugno al secondo 00:48 c’è l’annuncio incriminato.
[ su youtube: http://www.youtube.com/watch?v=WIjAcWgJpds ]


Indignazione di Luca Martinelli (Altreconomia)
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vi segnalo infine il nuovo sito www.referendumacqua.tv che raccoglie tutti i video più belli per ora usciti sulla rete. Un grazie di cuore a chi ha lavorato a questo nuovo strumento di comunicazione, Caterina e Carlo del CRBM.

Luca


sabato 4 giugno 2011

Da Ficarra & Picone

Se l'acqua è più salata c'è poco da ridere
di SALVO FICARRA e VALENTINO PICONE


Fate finta di essere seduti a teatro, in attesa di seguire un comico che sta per fare il suo monologo. Adesso il comico entra in scena tra gli applausi della gente, guadagna il centro del palco e comincia: “Signore e signori, buona sera. Come saprete già, vogliono privatizzare l’acqua. Però dicono che non privatizzano l’acqua, ma privatizzano la gestione dell’acqua (risate). Spiego meglio… Dicono che l’acqua rimane pubblica, solo che se la vuoi te la vendono i privati (risate). Dicono che in questo modo miglioreranno i servizi di fornitura (risate). Dicono che dietro la privatizzazione dell’acqua non ci sono interessi di nessuna lobby (risate). Dicono pure che le bollette non aumenteranno” (risate). Fine del monologo, applausi e sipario.
Adesso segnate con una X le battute che vi hanno fatto più ridere, tra quelle che vi abbiamo segnalato noi… Fatto? Bene. Se avete segnato con la X tutte le battute da noi indicate, vuol dire che la pensate esattamente come noi.
Il cabaret – come diceva un nostro carissimo amico – è quella cosa, ca i cristiani arririnu… ma ci fussi ri chianciri”. La verità, insomma, è che il nostro amatissimo Paese si è trasformato in un enorme palcoscenico, dove per far ridere basta raccontare la realtà così com’è, senza aggiungere altro. Non c’è bisogno di ricorrere a paradossi, forzature ed esasperazioni. Da noi è tutto molto più facile: apri un giornale e ti veni r’arririri… anche se in realtà ci fussi ri chianciri.
Per esempio: è stato dimostrato ampiamente che il nucleare è antieconomico e pericoloso? (Prova ne è che stanno chiudendo le centrali atomiche in tutta Europa). Non importa, da noi si propone di fare il nucleare (risate). Ancora: è stato dimostrato ampiamente che laddove l’acqua è stata privatizzata i servizi non sono migliorati e le bollette si sono triplicate? Non importa. Noi la privatizziamo lo stesso (risate). Ci fussi ri chianciri… ma arriremu.
Forse perché una parte, dentro ognuno di noi, vuol continuare a pensare che in fondo in fondo si tratta di battute, semplici battute paradossali come tante se ne sentono in giro. Oppure perché una parte di noi – forse quella più ingenua – crede ancora che la privatizzazione dell’acqua sia una bufala mediatica, fatta un po’ per gioco e un po’ per provocazione, come quella di Orson Welles che alla fine degli anni Trenta annunciò per radio l’arrivo dei marziani sulla Terra, gettando nel panico un’intera nazione. Una fissaria insomma, una minchiata col botto.
Ma purtroppo non è così, la privatizzazione dell’acqua è una cosa seria (risata). Una cosa talmente seria che dovrebbe gettare nel panico un’intera nazione, proprio come avvenne in America quando si pensò che stessero sbarcando gli alieni. E invece il nostro bel Paese, tronfio e arrogante, non si interroga minimamente su questi quesiti, ma si limita a dibattere in televisione intorno al plastico di questo o di quell’omicidio.
La domanda di partenza è sempre la stessa: perché non c’è la giusta indignazione da parte di tutti quanti noi? Forse perché hanno privatizzato anche le nostre idee, o forse, più semplicemente, perché abbiamo scambiato il tutto per un enorme spettacolo di cabaret dove niente è da prendere sul serio.
Votare contro la privatizzazione dell’acqua ai prossimi referendum potrebbe essere un modo come un altro per dare una prima sbirciatina fuori da questo teatrino. Ci dobbiamo rendere conto che l’acqua, così come l’aria, è un bene pubblico e inalienabile. Insomma, il 12 e il 13 giugno mettiamo da parte i plastici e le scaramucce politiche e andiamo a dire la nostra… giusto per non perderci in un bicchier d’acqua… privata (risate).

venerdì 3 giugno 2011

Colonna sonora

La musica del docu-film
ACQUA, BENE COMUNE (Margine operativo 2011)


Radici nel cemento - L'acqua

 Rezophonic (Caparezza, Roy Paci et alii) - Nell'acqua

Toti Poeta (& Pietro Sermonti) - Faccio di tutto


Luca Bassanese (& la Piccola Orchestra Popolare) - L'acqua in bottiglia



mercoledì 1 giugno 2011

FINALMENTE

L'ITALIA S'E' DESTA...

Finalmente vien da dire di sentirsi orgogliosamente italiani, parte di un popolo che pensa (ho spesso criticato proprio il piatto convivere, anestetizzato da B e i suoi amici), che si risveglia, che si entusiasma. E' una grande batosta per uno stile nel fare politica e per chi l'ha sempre sostenuto a spada tratta (e che ora vedo già smarcarsi come se in questi anni non avesse sostenuto e votato scelte e leggi impresentabili), ma non è nemmeno la vittoria del PD. E' la vittoria di chi si è impegnato ogni giorno, ha scelto dei candidati credibili e li ha appoggiati anche se erano un po' più o un po' meno a sinistra del proprio orientamento, è la vittoria delle primarie, di uno stile democratico e partecipativo. Ora chi ha vinto dimostri di valere, altrimenti verrà giustamente bocciato.

E' APPENA GIUNTA LA NOTIZIA CHE LA GRANDE TRUFFA DEL GOVERNO CONTRO IL REFERENDUM DEL NUCLEARE E' STATA SCHIAFFEGGIATA DALLA CASSAZIONE:

IL REFERENDUM SUL NUCLEARE SI FARA'!!!

Occorre andare tutti a votare, un ultimo sforzo il 12 e 13 giugno, anche se siete via avete il tempo di rientrare e andare a votare. 
Sarà l'apice di una grande battaglia per la DIFESA DELL'ACQUA BENE COMUNE, CONTRO LE CENTRALI NUCLEARI E CONTRO IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO.

4 SI

beppe