giovedì 28 ottobre 2010

ILVA

Pensando a Taranto mi piange il cuore, perché Rina (la mia fidanzata) è nata lì e passiamo spesso le vacanze a casa sua, quindi da qualche anno sono testimone diretto della situazione della città. Sintetizzo in poche righe quello che è stato l'impatto la prima sera che ci sono arrivato,in auto: l'autostrada finisce dritta dritta a ridosso delle acciaierie ILVA, uno stabilimento praticamente sconfinato (ho provato a mettere su google maps "ILVA Taranto" e posso dire che la sua estensione è praticamente la metà di tutta Torino...). Lo stabilimento è vecchio,come viene detto nell'articolo, ma la cosa più sconvolgente è che il carbon coke che viene utilizzato per produrre l'acciaio,viene stoccato in enormi mucchi a cielo aperto,infatti gli abitanti delle case più a ridosso dello stabilimento non possono stendere i panni all'aperto, gli alberi e i guardrails dell'autostrada sono completamente rossi per il deposito della polvere di carbone... immaginatevi cosa entra nei polmoni.
Stabilimenti come quello vengono chiusi in tuta Italia,lì non ci si pensa proprio,anche perché dà da lavorare a praticamente tutta la cittadinanza (nonostante ci siano ripetuti incidenti più o meno gravi e andare a fare il proprio turno là dentro è vissuto quasi come un incubo!).Dulcis in Fundo, TARANTO NON HA UN REGISTRO DEI MALATI DI TUMORE...
Per "fortuna", sta iniziando la costruzione di un mega ospedale che verrà gestito da Don Verzè... ecco un estratto di un articolo in cui il nostro premier s'impegna a mettere di tasca sua (nostra) 80 milioni per la costruzione...


da http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2009/5-agosto-2009/taranto-ospedale-san-raffaele-80-milioni-fondi-il-progetto--1601636892613.shtml

TARANTO — Passo in avan­ti decisivo per la realizzazione del «San Raffaele del Mediterra­neo », il nuovo ospedale di Ta­ranto che sostituirà il Santissi­ma Annunziata. Ieri la giunta regionale ha inserito ottanta milioni nel piano attuativo re­gionale (Par), alimentato dai fondi per le aree sottosviluppa­te (Fas), facendo proprio il pro­getto tecnico-sanitario presen­tato dall'istituzione di Don Ver­zè a maggio scorso. Il provvedi­mento della Regione destina a Taranto un finanziamento pari a più di un terzo dell'intero co­sto dell'iniziativa, stimato in 210 milioni.
Altrettanti ne do­vrebbe mettere a disposizione Berlusconi, secondo le promes­se fatte personalmente a Don Verzè e riferite dal presidente della Fondazione San Raffaele nella sua ultima visita a Taran­to. Il resto arriverà dall'autofi­nanziamento mediante un lea­sing di vent'anni. Nella delibe­ra approvata ieri la giunta dà mandato agli assessori Pelillo (Bilancio) e Fiore (Salute) di completare l'iter avviando il confronto con tutti i soggetti coin­volti per la condivi­sione e la corresponsabilità del progetto. Il «San Raffaele del Mediterraneo» avrà 570 posti letto, sorgerà su settantamila metri quadrati de­stinati alla struttura ospeda­liera e quattromila alle aule in cui si farà ricerca e didattica. Sa­rà localizzato al quartiere Paolo Sesto in un terreno di diciotto ettari della Fintecna, società del gruppo Iri che nella stessa zona possiede altre aree su cui ha progettato di edificare. Qui entra in gioco il Comune di Ta­ranto cui compete di contribui­re al progetto con interventi di natura urbanistica dato che la politica sanitaria è di compe­tenza regionale. La giunta co­munale deve individuare lo strumento giuridico per acqui­sire le aree che Fintecna cederà a titolo gratuito purché possa realizzare i suoi progetti edili sulle aree non ancora edificabi­li.[...]


Detto ciò,sembra incredibile, ma Taranto è una città splendida e con una popolazione che vorrebbe vivere senza la certezza quasi matematica di beccarsi un tumore...peccato che essendo in un'area sottosviluppata sia più "conveniente" mantenere un'industria pesante e inquinante, e costruirci di fianco un mega polo ospedaliero,così ci si fabbricano i pazienti e li si trasferiscono subito nell'ospedale!!!
W l'Italia


Paolo



--- Mar 26/10/10, Francesca ha scritto:

ciao,
in merito all'associazione non sono riuscita a trovare nulla, può darsi che non abbiano un sito, boh!
Per quanto riguarda invece la situazione di Taranto si riescono a scoprire molte cose scrivendo su google "taranto inquinamento", vi mando qualche link ma si trova molto di più, anche più recente

http://www.lanuovaecologia.it/view.php?id=10094&contenuto=Notizia
http://www.peacelink.it/ecologia/a/10787.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Ilva

ciao ciao
Francesca

mercoledì 27 ottobre 2010

Cota

Mi vergogno di essere piemontese. Mi sento offeso come cittadino da queste proposte e non ho parole verso chi, votando questo personaggio, abbia potuto pensare che fosse il male minore o, addirittura, un miglioramento nei confronti del passato. Nella logica dell'alternanza politica, che ha caratterizzato gli ultimi 10-15 anni, nessuno ha mai fornito una tale prestazione di ignoranza civile.

beppe
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Da "La Stampa"

Cota: "Le borse di studio solo ai piemontesi" 

Per chi arriva da fuori paghino le regioni di appartenenza

di ANDREA CIATTAGLIA, ANDREA ROSSI


Prima di tutto vengono i piemontesi». E poi? E poi se «uno studente di un'altra regione viene a studiare in Piemonte, perché non deve essere la sua terra di residenza a finanziare il suo percorso scolastico?». In un video di poco più di due minuti, postato su You Tube, il governatore del Piemonte Roberto Cota ribalta vent'anni e più di legislazione del diritto allo studio. Basta con le borse finanziate dalle regioni che ospitano gli studenti. La prospettiva va rovesciata: le regioni non devono attrarre gli studenti migliori da fuori, sovvenzionandone gli studi, ma devono sostenere i «loro» giovani. «In Piemonte dev'essere fatta un'attenta valutazione che porti in futuro la Regione a finanziare le borse di studio dei piemontesi. Ritengo sbagliato che ogni regione non si faccia carico delle borse di studio dei propri cittadini», insiste Cota.
Lo dice al culmine di due settimane di polemica, con gli studenti sugli scudi, a protestare contro i tagli ai trasferimenti all'Edisu, l'ente per il diritto allo studio: 7 milioni per il 2011 a fronte dei 25 - poi ridotti a 17 - del 2010. Una sforbiciata che ha fatto insorgere i vertici dell'Edisu e i ragazzi. «Non copriremo le borse e dovremo chiudere anche le residenze», ha dichiarato l'ex presidente dell'ente Maria Grazia Pellerino. Quanto agli studenti, da giorni organizzano mobilitazioni, cortei, iniziative, flash mob. Cota li ha incontrati e li ha rassicurati: «Non ci sarà nessun taglio. I soldi per finanziare i contributi agli studenti saranno gli stessi degli anni precedenti».
Anche ieri, nel suo video, è tornato a contestare «le false notizie uscite nei giorni scorsi». «Non taglieremo le borse di studio. Nell'anno in corso e nel prossimo intendiamo garantire il diritto dei ragazzi piemontesi ad avere quel che spetta loro. Quest'anno gli stanziamenti sono inalterati. Abbiamo recuperato risorse non spese in precedenza e le abbiamo aggiunte a quelle destinate in maniera mirata. Era inutile di fronte a soldi non spesi stanziare ulteriori risorse». In futuro, però, la musica dovrà cambiare: «È necessario fare un'attenta valutazione di quelli che sono i criteri per l'elargizione delle borse», spiega Cota. Il solco è già tracciato: il Piemonte pagherà solo per i ragazzi residenti sul territorio.
«Noi lo diciamo da giorni, e ora finalmente si svelano le vere intenzioni del presidente della Regione e della Lega Nord: dare le borse solo ai piemontesi», denuncia Simone Baglivo, pugliese, studente del Politecnico, e rappresentante all'interno dell'Edisu. Il Piemonte, finora, è stata una delle nove regioni italiane a garantire le borse di studio per tutti gli studenti idonei: contributi di diversa entità, a seconda del reddito, stanziati a favore di studenti meritevoli. La media italiana viaggia intorno all'80 per cento, con enormi squilibri: si va dal 43 per cento del Molise al 56 della Calabria fino al 100 per cento di Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Trentino, Lombardia, Friuli, Lazio, Emilia Romagna e Basilicata, capacità che permette loro - tra le altre cose - di attrarre molti studenti dal resto d'Italia. Al Politecnico, ad esempio, il 35 per cento degli iscritti arriva da altre regioni; all'Università siamo poco distanti. Un record destinato a frantumarsi?

martedì 26 ottobre 2010

Corruzione

Da ilfattoquotidiano.it
che cito e condivido.

beppe

Il nostro Paese scivola al 67esimo posto nella classifica della ong Transparency international sul rischio mazzette. Dallo scorso anno abbiamo perso 4 posizioni. E sono addirittura 12 rispetto al 2008.

Per chi desidera leggere la proposta in dettaglio ecco il link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/11/per-fermaretutti-questi-%E2%80%9Cfurbetti%E2%80%9D/59313/

La corruzione? Ecco come sconfiggerla

In Senato da marzo è fermo un disegno di legge inadatto contro il malaffare. Il Fatto, in collaborazione con alcuni giuristi, presenta un nuovo testo più rigoroso

Il 1° marzo scorso il Consiglio dei ministri annunciava solennemente di avere approvato il testo del disegno di legge governativo per una legge anticorruzione. Doveva essere la risposta della maggioranza alle nuove Tangentopoli (l'ultima, quella intorno alla Protezione civile) esplose nei primi mesi dell'anno un po' in tutta Italia e ai dati agghiaccianti forniti dalla Banca Mondiale e poi dalla Corte dei Conti, secondo cui le tangenti, con tutto l'indotto, impongono ai cittadini italiani una tassa occulta di 50-60 miliardi di euro all'anno. Cifra record in Europa, quasi il decuplo del costo della corruzione stimato dal centro studi Luigi Einaudi nel 1992, l'anno di Mani Pulite. Ma il testo, scritto dal ministro Angelino Alfano e dunque molto deludente, si è subito arenato in commissione al Senato e lì riposa in pace, nonostante i propositi di rilanciarlo più volte dichiarati dal Pdl all'esplodere di ogni nuovo scandalo, dal caso Scajola all'affaire P3. "Il Senato – giurava Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl, al Corriere della sera il 20 maggio – licenzierà il provvedimento verso metà giugno". Ma non precisava di quale anno.

L'altro giorno, a Mirabello, Gianfranco Fini ha domandato sarcastico al Cavaliere che fine abbia fatto la legge anticorruzione. Silenzio di tomba. Silenzio anche da Renato Schifani, che pure presiede il Senato dove langue il ddl. Del resto, sempre al Senato, è stata insabbiata la legge di iniziativa popolare presentata da Beppe Grillo con 350 mila firme di altrettanti cittadini per stabilire l'ineleggibilità dei condannati.

Il Fatto quotidiano ha deciso di proporre un nuovo testo, molto più rigoroso e penetrante di quello governativo. E di interpellare i rappresentanti dei partiti nel dibattito "Convivere con la corruzione", domenica mattina alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, con Antonio Di Pietro (Idv), Claudio Fava (Sinistra e libertà), Fabio Granata (Futuro e Libertà) e Matteo Renzi (Pd). Lì si discuterà e si vedrà chi ci sta: potrebbe perfino emergere una maggioranza disposta ad approvarlo in tempi brevi, se – come dichiarano – il Pd, l'Idv, l'Udc e i finiani vogliono fare sul serio contro la corruzione, sfidando su un terreno tanto cruciale e "popolare" la Lega e il Pdl. All'incontro dovrebbe partecipare anche il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, grande esperto di reati finanziari e contro la Pubblica amministrazione.

Il testo che abbiamo elaborato con l'aiuto di giuristi, magistrati e altri esperti non ha richiesto grandi sforzi di fantasia. E' stato sufficiente seguire alcune linee direttrici.

1) Prevedere finalmente il recepimento della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo dagli stati membri nel 1999 e mai ratificata dall'Italia.

2) Introdurre nuove fattispecie di reato per sanzionare i più moderni crimini dei colletti bianchi nell'èra della globalizzazione (come l'autoriciclaggio,la corruzione fra privati, il traffico di influenze illecite).

3) Ripristinare il falso in bilancio sciaguratamente abolito, di fatto, dal secondo governo Berlusconi nel 2001-2002.

4) Mettere mano al sistema della prescrizione (che in questo testo viene affrontata solo in parte): l'ideale sarebbe arrestarne la decorrenza al momento dell'esercizio dell'azione penale, cioè della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm. Oggi, grazie alla legge ex-Cirielli, la corruzione si prescrive 7 anni e mezzo dopo che è stata commessa, e quella giudiziaria dopo 10 (prima scattava dopo 15 anni).

5) Cogliere il meglio dalla miriade di proposte e disegni di legge giacenti in Parlamento e ivi insabbiati da varie legislature (due del Pd, uno dell'Idv, uno quasi preistorico dei Verdi e persino uno dell'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, nato dal lavoro di una commissione istituita nel 2006 dal governo Prodi-2, di cui facevano parte magistrati di Mani Pulite come Piercamillo Davigo e lo stesso Greco).

6) L'idea di partenza è quella avanzata per la prima volta a Cernobbio nel settembre del 1994, in piena Tangentopoli, dal pool Mani Pulite e da un gruppo di giuristi e docenti universitari (fra i quali l'attuale presidente dell'Unione Camere penali, Oreste Dominioni, all'epoca legale di Berlusconi). La proposta Cernobbio era articolata in tre punti. A) Legislazione premiale per incentivare il "pentitismo" anche in questo tipo di reati, cioè per incoraggiare il corruttore o il corrotto che va spontaneamente a confessare e a denunciare i suoi complici, "prima che la notizia di reato sia stata iscritta a suo nome e comunque entro tre mesi dalla commissione del fatto". Sempreché restituisca il maltolto fino all'ultima lira. E con la sanzione automatica della decadenza e dell'interdizione dai pubblici uffici. In pratica, si rompe il vincolo di omertà fra corruttore e corrotto e si innesca una corsa a chi arriva prima a denunciare se stesso e l'altro per guadagnarsi l'impunità. L'obiettivo era quello di far emergere gran parte del sommerso di Tangentopoli, evitando ricatti e veleni. B) I reati di corruzione e concussione diventano uno solo: è vietato offrire e dare soldi a un pubblico funzionario, non importa se costretti o spontaneamente, né in cambio di quale favore lecito o illecito. C) Linea dura con chi arriva fuori tempo massimo, o non confessa tutto, o viene colto con le mani nel sacco; custodia cautelare obbligatoria per corrotti e corruttori, come per i mafiosi, con sostanziosi aumenti delle pene. Sedici anni fa la proposta suscitò reazioni entusiastiche da An e dalla Lega.

Ignazio La Russa stuzzicò i forzisti perplessi: "Che il progetto Di Pietro potesse essere sconosciuto a Forza Italia mi sembra poco credibile, anzi resto convinto che i vertici ne fossero informati: vi hanno collaborato alcuni avvocati vicini a loro…" (per esempio Dominioni, allora difensore di Berlusconi). Maroni e Tremonti incontrarono i pm promotori e alla fine il primo parlò di "iniziativa interessante da discutere fra magistrati e governo".

Che cos'è cambiato da allora a oggi, a parte il fatto che allora Tangentopoli ci costava 6-7 miliardi l'anno e oggi dieci volte tanto? Ecco dunque la proposta di legge in 10 articoli che Il Fatto mette a disposizione di tutte le forze politiche interessate a prevenire e a combattere per davvero la corruzione. Per evitare di scendere in eccessivi tecnicismi, non tutti gli articoli sono già esplicitati in forma di articolato legislativo: lo sono soltanto quelli che ci paiono irrinunciabili. Tutti e dieci, comunque, sono aperti a integrazioni e suggerimenti. Purchè migliorativi e non peggiorativi.

Taranto

tramite canale alternativo ricevo da Taranto e pubblico per diffusione, senza altro aggiungere
Luca

 
A voi che siete riconosciuti ed apprezzati cittadini senza bavaglio, scrivo questa lettera per rivolgervi due domande e ricevere, per quanto possibile, delle risposte.


La prima domanda è: perché quando si tratta di esprimere solidarietà per il lavoro, l'impegno è avvertito e si traduce quasi automaticamente in un obbligo, mentre quando si tratta di anteporre salute e dignità al lavoro, la risposta è negativa?
Chi ha deciso che in questa nazione la tutela dell'attività produttiva debba venir prima della integrità e della dignità della persona?
Chi ha deciso che l'irrinunciabile Articolo 32 non è più valido ed è subordinato ad altri Articoli? Chi?

Sono il portavoce di una piccolissima associazione, la più piccola di Taranto.

Il motivo di tanta esiguità e fragilità risiede nel fatto che gli ammalati non hanno neppure la forza di scendere in piazza e partecipare alle adunate dei millantalisti. I millantalisti, per intenderci, sono gli ambientalisti  millantatori, quelli cioè che organizzano imponenti marce contro gli inquinatori e mai contro chi sostiene in silenzio e protegge gli inquinatori. Il loro numero è pari a quello degli agenti inquinanti, e loro sono proprio quelli che le industrie inquinanti le vogliono tenere aperte “ab aeternum” anziché chiuderle.

Ecco perché gli ammalati, a differenza di altri fortunati, "partecipano" quasi esclusivamente per telefono e non possiedono rappresentanti alle epiche ed elevate adunate per la salute – si fa per dire - e l'ambiente.
Perché una delle poche cose che possono ancora fare con facilità è parlare al telefono, non uscendo quasi più di casa.
Molti di noi si sono ammalati di patologie ambientali proprio mentre svolgevano una attività onesta e pulita che non ha mai danneggiato o ammazzato nessuno.
Abbiamo perso il lavoro causa l'aggressività di emissioni di cui non eravamo responsabili, e nessuna istituzione o sindacato o associazione ambientalista (salvo rare e preziose eccezioni ) ci ha difesi mai.
Se avessero voluto difenderci realmente, avrebbero chiesto e si sarebbero attivati per la chiusura "senza se e senza ma", di tutte le attività universalmente considerate incompatibili con la salute del genere umano, animale e vegetale.
Tanto è vero che alcune associazioni di Taranto, infiltrate come altre della Puglia e d'Italia dagli uomini dei partiti e dei sindacati, hanno partorito la mostruosa ed ultima ecoballa della "Ambientalizzazione", hanno cioè immaginato, senza pudore, senza vergogna e senza prova oggettiva, che tramite dei filtri che non sono ancora stati inventati sarebbe stato possibile tappare ed arginare i rigurgiti e le eruzioni di un impianto vetusto progettato alla fine degli anni '50, mostruosamente grande e al di fuori di ogni standard, mostruosamente implicato nella produzione di un numero di inquinanti talmente elevato da avere difficoltà a rientrare in un elenco, attiguo a un centro abitato dove sopravvivono di stenti anziani, donne e bambini, per giunta accanto ad altri impianti industriali altrettanto inquinanti.
E molti di questi paladini commensali dei partiti, commensali delle leghe ambientali elettorali, commensali dei sindacati, li conoscete anche voi e li tollerate forse un po' oltre i convenzionali confini dell'educazione, riservandoci un dolore di cui forse non sempre avete avuto contezza e cognizione.

Ieri sera mi ha telefonato un ambientalista vero, nato e vissuto a Taranto e con cui ho affrontato le lotte e i sacrifici di una vita intera, e mi ha ricordato che noi non possiamo vincere e non vinceremo mai la campagna contro gli inquinatori, perché i veri inquinatori sono in mezzo a noi e non solo nelle zone industriali.
E' la società civile tutta ad essere inquinata ma ad inquinare per prima, perché è la società civile che copre e difende l'opera incessante degli imbrattatori. Il motivo autentico per il quale probabilmente non riusciremo a guadagnarci mai il diritto all'esistenza da persone civili e non da agnelli sacrificali quali siamo ora.
Non possiamo vincere contro il dramma e l'aggressione dell'inquinamento perché non possiamo sconfiggere l'ipocrisia e l'ignavia di chi ci sta attorno e millanta ogni giorno la lotta per la salute e l'ambiente.

Per questo il nostro destino appare segnato: perché chi oggi pretende di difendere il bene comune è spesso colluso e mantiene l'idea malsana, oliata da qualche finanziamento ad hoc concesso dall'assessore compiacente di turno, di poter tutelare la salute ed il lavoro senza però intaccare il polo produttivo responsabile del disastro.
Ma risulta equazione alquanto artata e perversa quella che impedisce di accettare che una attività produttiva anacronistica e pericolosa debba chiudere per far posto ad una nuova impresa che al contrario non invalida o uccide nessuno, per giunta in grado di assicurare ingenti fatturati, poiché tutto ciò che è verde e compatibile concede una ricchezza enorme e senza limiti di tempo. Perché se non si chiude interamente e per sempre una vecchia attività, una vecchia idea, una vecchia concezione, non ci sarà mai posto, bisogno e spinta sociale ad aprirne una nuova.
Tra l'altro molti sono già al corrente del motivo per il quale a Taranto non vengono inaugurate attività produttive di ampio respiro: perché sarebbero alternative e metterebbero in pericolo il ricatto occupazionale e le attività precedenti che servono agli interessi e al gettito fiscale di tutta la nazione e dei partiti fuorché ai residenti, vittime predestinate ed inconsapevoli. Ed una volta chiuse, tali imprese sarebbero forse autorizzate a riaprire in qualsiasi altra città italiana ed europea civile? Quale pazzo esaltato le accoglierebbe mai nell'area in cui vive?

Devo rivolgervi una seconda domanda: perché mai in questa infausta nazione vengono difesi incondizionatamente e per primi anche i diritti di quei lavoratori che provocano attraverso le proprie attività la malattia e il fallimento di altri innocenti cittadini?
Innocenti perché in precedenza impegnati in un lavoro pulito che tutte le persone oneste e perbene dovrebbero desiderare, richiedere e svolgere.
Forse perché la priorità costituisce la migliore e indiretta copertura a protezione di attività che altrimenti sarebbero stoppate e per sempre confinate nel dimenticatoio?
Come sarebbe allora possibile tollerare sindacati che interferiscono impunemente con le iniziative civiche e che per fermare libere e democratiche consultazioni referendarie sono disposti a ricorrere ad ogni concepibile cavillo di legge?
Come potremmo accordare fiducia e solidarietà ai rappresentanti che hanno tradito il fulgido sogno ed infangato per sempre la memoria del pugliese Giuseppe Di Vittorio?
Si continua a soprassedere sulle responsabilità di questi uomini che si sono tramutati in veri campioni del disastro, gli stessi che domandano solidarietà e si lamentano pure di essere stati lasciati soli dal resto della società civile.
Quelli che risultano insopportabili persino nelle loro scelte elettorali “mirate”. Mirate a conservare se stessi e a precipitare tutti quanti nell'oblìo.

Per colpe non nostre siamo diventati disabili nel pieno della nostra giovinezza e nell'inseguimento dei nostri sogni.
Ma i lavoratori che consapevolmente o inconsapevolmente ci hanno ridotto in questo stato, per quanto vittime abituali di una condizione di debolezza e coercizione, non hanno mai compreso le conseguenze di affidarsi al sostegno di rappresentanti che quotidianamente li spingono, tanto non sono mica loro a sporcarsi le mani e a rischiare la pelle, a svolgere una attività contro ogni decenza, ragione e umanità: quella in grado di togliere tutto a se stessi ed anche a noi che non abbiamo mai accettato di correre il rischio e che operai non siamo stati mai, perdendo senza possibilità di reintegro - dal momento che una invalidità è spesso “per sempre” - pure il nostro impiego.
E' questa la principale differenza che intercorre tra operai ancora in attività ed ex lavoratori che, come noi, sono stati colpiti e distrutti dall'inquinamento: scaricare sugli altri il prezzo del proprio lavoro.
Tuttavia la conquista di un diritto non dovrebbe per nessun motivo comportare la perdita di un altro diritto ancora più vitale e irrinunciabile. Perché oggi, per il solo fatto di essere affetti da patologie ambientali, molti cittadini per la sanità italiana non esistono, dal momento che nelle nostre AUSL i presìdi sanitari per le malattie ambientali ed immunitarie non sono mai stati creati. I "nuovi" ammalati non vengono riconosciuti nella loro disabilità e non possiedono alcun sindacato che richieda per loro ammortizzatori sociali. Non hanno riconoscimenti o assistenza sanitaria appropriata, compensazioni, ricollocamento protetto, pensioni di invalidità. Non hanno nulla.

In questa condizione noi manteniamo una consapevolezza ed un rimpianto in più: avremmo preferito non essere mai nati.
Perché se soltanto avessimo presagito che i nostri reali e più subdoli aguzzini sarebbero divenuti tutti quanti, oltre agli imprenditori coperti e tutelati dallo Stato nell'esercizio di attività non compatibili con l'esistenza e la dignità umana, avremmo preferito non nascere mai.
Avremmo preferito non essere mai venuti al mondo anziché avere a che fare e ricevere l'ultima tragica umiliazione dell'essere difesi da un branco di speculatori della società cosiddetta civile, una collettività cieca, sorda, senza più guide, valori e dignità.

Una collettività che non ha rispetto per se stessa e figuriamoci se possa ambire ad avere rispetto per altri che si ritrovano nella condizione di maggiore fragilità e debolezza senza mai averla scelta ma soltanto subìta.

Saverio De Florio 
Associazione Malati Infiammatori Cronici ed Immunitari, Taranto

lunedì 25 ottobre 2010

Haiti

Benefattori dell'umanità 

Sicuramente avrete visto il bel faccione di Ennio Doris pubblicizzare il Conto Freedom, grazie al quale, per ogni nuovo correntista, Banca Mediolanum regala un mese di scuola a un bambino di Haiti.
http://www.mediolanumfreedom.com/ 

Già mi urtano quelli che fanno beneficenza e lo dicono.
Poi ho cercato di quantificare l'entità della bontà del nostro, scoprendo che un anno di scuola per un bimbo di Haiti costa 55 dollari.
http://www.haitifoundation.org/Help_Haiti.html

Che coraggio...
Laura