sabato 9 gennaio 2010

AlReves: America del Sud


IIRSA, il mostro silenzioso
Un megaprogetto di investimenti di ampiezza strategica per la spoliazione delle risorse del Cono Sud

Dopo il parziale fallimento dell’ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), che gli Usa insieme a multinazionali ed istituzioni finanziarie hanno dovuto incassare, il Sudamerica deve ora fare i conti con un imponente piano di sviluppo economico, noto come IIRSA. Il progetto di “Integrazione delle Infrastrutture Regionali del Sud America” si trova in fase di attuazione da almeno sei anni e sta già coinvolgendo i principali Paesi dell’area andina.
L’IIRSA nasce ufficialmente nel 2000 a Brasilia, nel corso di un vertice dei Presidenti dell’America del Sud, come proposta di investimento a sostegno dei trattati bilaterali e regionali di libero commercio. L’obiettivo principale è la costruzione di infrastrutture logistiche (grandi vie di comunicazione terrestri e fluviali, porti, aeroporti, ma anche nuove centrali energetiche, oleodotti ecc…), per rendere più efficiente l’estrazione delle risorse naturali del Sudamerica e facilitare il trasporto delle merci, dentro e fuori dal continente.
Fino ad oggi sono stati fissati sulla carta 507 progetti di costruzione di infrastrutture per i trasporti, il settore energetico e le telecomunicazioni: il tutto per un investimento totale stimato di almeno 70 miliardi di dollari, di cui circa 21 sono già investiti in 145 progetti.
Nonostante il velo d’ombra calato dai media sull’argomento e le poche informazioni reperibili al riguardo, la società civile, nella voce di numerose organizzazioni della regione, ha cominciato ad esprimere la propria preoccupazione per i rischi socio-ambientali connessi alla realizzazione di questi megaprogetti infrastrutturali e per il mancato coinvolgimento delle popolazioni nella discussione sulla loro effettiva “fattibilità”.
Ovviamente, l’iniziativa dell’IIRSA non è stata pensata a beneficio di uno sviluppo sociale ed economico dei popoli sudamericani; risponde piuttosto agli interessi di una serie di investitori che appartengono a grandi società transnazionali del settore minerario, di quello agroindustriale (prevalentemente le monocolture OGM) e dei servizi (edilizia, grandi opere, energia elettrica, gas, acqua ecc…). Il progetto nasce da una visione strategica dello sviluppo economico e commerciale; “si è partiti dalla valutazione delle capacità produttive che generano gli spazi territoriali e dalle loro carenze e “necessità” di servizi e di infrastrutture – trasporti, energia e telecomunicazioni – per dare impulso alle attività commerciali. Questo è stato il criterio utilizzato per definire i cosiddetti 10 assi di integrazione economica”*, ossia le dieci “macroregioni”, che trascendono i confini nazionali, in cui si concentrano tutte le attività dell’IIRSA.
Si tratta, nei fatti, del classico paradigma neoliberale che considera l’ambiente unicamente come una fonte di sfruttamento di risorse naturali. Al contrario, la salvaguardia della natura è solo un fattore negativo o meglio, nella logica mercantilista, un semplice costo in più da doversi sobbarcare insieme ai “fastidi” - che i fautori dell’IIRSA avranno sicuramente messo in conto - per le proteste della società civile e di quelle organizzazioni sociali contrarie ai megaprogetti. Ne citiamo solo alcuni tra i più imponenti ed ambiziosi:


- “L’Idrovia del Putumayo comprende Colombia, Perù, Ecuador e Brasile, e pretende di integrare le zone produttive della Colombia con quelle amazzoniche attraverso il fiume Putumayo che sarà debitamente dragato per incorporare il nord dell’Ecuador; si costruiranno strade, si rinnoverà il porto marittimo di San Lorenzo in Ecuador e il porto fluviale El Carmen, nel fiume Putumayo. L’impatto maggiore lo avranno le comunità indigene dei Awa, Siona, Inga e la riserva ecologica Cofàn-Bermejo, che vedrà alterata notevolmente la biodiversità. Nell’anno 2000 si parlava di un investimento di 350 milioni di dollari.
- Un altro progetto con un investimento molto grande (300 milioni di dollari) corrisponde all’Idrovia del Napo, per trasportare le merci dai porti ecuadoriani di Esmeraldas y Manta fino al fiume Napo e poi, per via fluviale, fino all’Amazonas per salire verso l’Atlantico per il Brasile. Una rete di strade unisce la zona petrolifera del nord del Venezuela e le Guyane con il Pacifico; il progetto prevede di costruire aeroporti nell’Amazzonia ecuadoriana.
- Parte principale dell’infrastruttura dell’IIRSA è la strada interoceanica Perù-Brasile che unirà i porti peruviani di Ilo e Matarani, nel Pacifico, con la città di Porto Belho che avrà un tragitto di 3.700 chilometri, con l’attuale rotta brasiliana di Sao Paulo, in Brasile. I 2.586 chilometri che saranno costruiti assorbiranno circa 890 milioni di dollari; parchi nazionali, riserve comunali e nazionali in territorio boliviano soffriranno un impatto che fino ad ora non è stato calcolato. Allo stesso tempo, nel nord caraibico si progetta di interconnettere il Brasile con la Guyana: serviranno altre strade, porti di acque profonde e centrali idroelettriche.
- Il progetto Rio Madeira (Perù, Bolivia e Brasile) è il più ambizioso. E’ stato calcolato in 20.000 milioni di dollari e si tratta di un’idrovia che unirà la città peruviana di Madre de Dios con le popolazioni brasiliane di Rondonia e Beni, in Bolivia; si costruiranno inoltre quattro centrali idroelettriche. Si sa che danneggerà 33 specie di mammiferi in pericolo di estinzione, 750 specie di pesci e altrettanti di uccelli; danneggerà inoltre l’agricoltura e la pesca e farà migrare circa 3.000 persone.
- Altri 1.000 milioni di dollari sono stati calcolati per costruire il gasdotto del nordest argentino con il Brasile, per fornire di questo combustibile la regione nord dell’Argentina. Qui i danni maggiori saranno nei territori delle etnie Toba, Pilagà e Mocovì.” **

A finanziare questa impressionante serie di grandi opere sono e saranno tre principali banche multilaterali di sviluppo: il BID (Banca Interamericana per lo Sviluppo), la CAF (Corporazione Andina di Risparmio) e il FONPLATA (Fondo Finanziario per lo Sviluppo della Conca del Plata).
I tre istituti si erano già occupati di finanziare gli studi di fattibilità dei progetti.
In aggiunta all’aiuto delle banche, “un apporto sostanziale viene dagli stessi Paesi in cui si realizzeranno i progetti e dal settore privato interessato ad investire in infrastrutture, con la conseguenza per i governi locali di dover sottostare alle esigenze delle multinazionali, relegando in secondo piano l’obiettivo di miglioramento delle condizioni di vita in America Latina, sostituito dagli interessi di carattere economico privato.” ***
Il debito di tanti Paesi sudamericani - già esposti in passato alle ricette economiche dettate dal FMI e dalla Banca Mondiale e alle loro tragiche conseguenze - potrebbe tornare a lievitare proprio per effetto dei costi economici imputabili all’IIRSA. Ma ben più salato sarà il prezzo da pagare per l’ecosistema andino-amazzonico e per le popolazioni sottoposte al nuovo saccheggio neoliberale.

Andrea Necciai

Note:
* “IIRSA y RIISA: Dislexia ideológica sudamericana” di Ramiro Chimuris - Semanario “Siete sobre siete”, da www.rebelion.org.
** ”IIRSA: le vie del saccheggio del Sudamerica” di Javier Rodríguez Pardo.
*** “Dossier IIRSA”, da www.orizzonti.eu.