sabato 28 febbraio 2009

AL REVES: il vero volto dei nuovi “paras” colombiani



Aquile nere

Da qualche anno imperversano in Colombia, un paese già martoriato dalla povertà di ampi strati della popolazione e da una guerra civile di lunga durata. Si fanno chiamare “Aquile nere”, le nuove organizzazioni criminali dedite a ogni forma di delinquenza, considerate – a ragione –  le degne eredi delle famigerate AUC (Autodefensas Unidas de Colombia), i corpi paramilitari di estrema destra di recente smantellati in seguito all’entrata in vigore della legge “Justicia y paz”.

Le AN sono comparse per la prima volta nel dipartimento Norte de Santander, nel nordest colombiano, al confine con il Venezuela. Da lì altri gruppi criminali, sempre sotto il nome di “Aquile nere”, hanno cominciato ad espandere le loro attività in vari municipi concentrandosi nelle zone di Santander, Cesar, Caquetà e Antioquia, tanto da indurre il presidente colombiano Uribe – sul cui governo continuano a piovere accuse di combutta con le vecchie AUC per attività di “guerra sporca” e di narcotraffico – a ordinare al suo esercito la creazione di un “Nucleo speciale di ricerca” per snidare i membri di queste pericolose bande armate.

Col tempo le AN hanno stretto legami con i potenti cartelli della droga (come già era accaduto per le AUC) e sono coinvolte in attività illecite come estorsioni, rapine, sequestri di persona e atti terroristici contro le popolazioni. Peraltro, in perfetta continuità con le vecchie AUC, le AN svolgono oggi la loro medesima funzione politica attaccando membri delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia, la guerriglia di ispirazione bolivariana e guevarista) e provvedendo all’eliminazione fisica – sovente dietro commissione – di sindacalisti, attivisti politici e dei diritti umani, e di altri individui “scomodi” appartenenti ai movimenti civili. La loro attività più redditizia resta il narcotraffico, grazie al quale si finanziano e si armano e che li spinge, in casi sporadici, persino a scendere a patti scellerati con i loro nemici ideologici, i guerriglieri delle FARC, per spartirsi i lauti guadagni del commercio della droga.

A gonfiare i sempre più folti ranghi di queste bande criminali sono sia gli ex paras delle AUC (quelli che non hanno aderito alla smobilitazione, ma anche molti “smobilitati” tornati a delinquere), sia malviventi “comuni” senza alcuna relazione con i vecchi paramilitari, ma particolarmente vogliosi di entrare nel business del narcotraffico. Secondo un rapporto della Polizia Colombiana, tra il 2006 e il 2007 sono stati catturati ben 1.765 membri di bande armate criminali (Bacrim), dei quali 258 erano paramilitari “smobilitati”.

Uno degli individui sospettati di comandare le AN è l’ex paras Vicente Castaño (meglio conosciuto con il nome di “El Profe” e cofondatore delle AUC), il quale scomparve in seguito alla smobilitazione dei paramilitari e subito dopo essere stato accusato dell’assassinio del fratello Carlos, il capo storico delle AUC freddato ad Antioquia per ordine degli altri jefes reclusi nel carcere di massima sicurezza di Itagüí. Ma in realtà i sospetti arrivano ben più in alto, fino a lambire i palazzi della politica. Se il presidente colombiano Alvaro Uribe nega l’esistenza di legami tra le istituzioni e le decine di organizzazioni armate facenti capo alle nuove AN, la magistratura – di contro – continua a svolgere spinose indagini sulla presunta alleanza di un settore del governo con i capi dei narco-paramilitari. Molti di loro, come Salvatore Mancuso (di chiare origini italiane), don Berna e Jorge 40, sono già stati estradati negli Stati Uniti per reati legati al narcotraffico, ma potrebbero decidere da un momento all’altro di “vuotare il sacco” rivelando molte verità compromettenti sul conto di Uribe e dei suoi uomini di partito, per far scontare al presidente colombiano il fatto di non aver mantenuto le sue promesse di impunità secondo i dettami della legge di amnistia “Justicia y paz”.
Per allontanare e far dimenticare all’opinione pubblica i sospetti che lo riguardano, il mandatario colombiano si affida ai media nazionali (tutti – o quasi – subordinati al suo governo), i quali “sebbene non possano nascondere la portata degli scandali in atto, continuano ad avvalorare una presunta popolarità di Uribe ottenendo, grazie alla tecnica Goebbels (“ripetete una bugia, cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”), che sia presa per buona anche internazionalmente. Dimenticando che le elezioni di Uribe sono state non soltanto illegittime (per l’asseverata compra di voti che hanno reso possibile la riforma costituzionale che ha permesso la rieleggibilità presidenziale), ma anche ottenute con il contributo decisivo dei vari blocchi paramilitari, all’origine dello stesso scandalo della cosiddetta para-politica”. *

Mentre le istituzioni colombiane affondano sommerse dagli scandali, le Aquile nere sono tornate prepotentemente alla ribalta, ora anche sulla scena internazionale. Qualche mese fa, i loro capi si sono fatti sentire inviando lettere minatorie ad Ong di vari Paesi (tra cui l’Italia) con sede in Colombia, a sindacati dei lavoratori e a movimenti studenteschi nazionali ed internazionali che da anni si battono per la difesa dei diritti civili del popolo colombiano. Nel testo, pieno di insulti all’indirizzo delle FARC e dei suoi “fiancheggiatori”, si legge che tutte queste organizzazioni e i loro aderenti sono dichiarati dalle Aquile nere “obbiettivi militari”, e pertanto passibili di eliminazione. E di solito, purtroppo, alle minacce dei paramilitari fa regolarmente seguito l'esecuzione delle stesse.

Andrea Necciai


Note
* “La nazione dei veleni” di Guido Piccoli – Latinoamerica n°104 (3/2008).

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