sabato 21 ottobre 2006

AL REVES: le nuove frontiere dell’America latina



Dal neoliberismo al “socialismo del XXI secolo”, realtà o utopia?

Da quando, agli inizi dell’Ottocento, fu concepita la “Dottrina Monroe”, gli Stati Uniti iniziarono ad esercitare una politica estera molto aggressiva nei confronti dei loro vicini sudamericani. Nel secolo scorso cavalcando il celebre slogan “l’America agli americani”, la nazione “culla della libertà” si arrogava il diritto di annettersi Porto Rico, occupare il Canale di Panama, installare dittature militari nel Cono Sud, combattere con mezzi sporchi una guerra illegale e mai dichiarata contro il Nicaragua sandinista, ed infine addestrare nelle sue strutture militari migliaia di torturatori esperti in operazioni di controinsorgenza.
Dopo il crollo del socialismo reale nell’Europa dell’Est e il conseguente indebolimento dei movimenti progressisti e rivoluzionari in tutto il mondo, le dittature militari che si erano insediate in America latina per salvaguardare gli interessi degli Stati Uniti (e dei poteri economico-finanziari) hanno lentamente segnato il passo in favore di forme di governo più presentabili, le cosiddette “democrature” - secondo la nota definizione coniata dallo scrittore Eduardo Galeano.
Se tali trasformazioni sono state determinanti a livello politico, il processo forse più significativo degli anni 80 e 90 è stato il graduale consolidamento dell’economia di mercato. Più di vent’anni di neoliberismo hanno provocato localmente il declino dell’agricoltura e della piccola industria, nonché una significativa perdita di posti di lavoro con ricadute negative sul piano sociale ed umanitario. Questo lento genocidio economico è oggi la principale causa dell’umiliante livello di povertà di quasi i 3/4 della popolazione latinoamericana e del progressivo impoverimento delle sue classi medie.
Nonostante i disastri sociali, politici ed ambientali collezionati negli ultimi anni da quei governi (di destra come di “sinistra”) che hanno messo in pratica i dettami economici di un capitalismo selvaggio e cannibale, ancora oggi molti Stati si lasciano cooptare dalle imprese transnazionali e dai massimi poteri finanziari, il FMI e la Banca Mondiale. “La vera posta in gioco in America Latina – osserva James Cockroft sul periodico “Rebelion” – è l’esercizio della sovranità nazionale per il controllo delle risorse fondamentali come il petrolio, il gas e l’acqua, la biodiversità, l’educazione, la sanità, i trasporti e la previdenza sociale, i settori bancario ed industriale. I movimenti sociali protestano oggi contro la privatizzazione delle fonti naturali, contro la mercificazione della vita e la logica dello sfruttamento imposte dalla globalizzazione neoliberista, insieme all’ingiunzione del pagamento del debito estero ereditato dalle dittature.” *
La svolta “a sinistra” delle ultime tornate elettorali, che hanno visto le popolazioni coinvolte eleggere candidati di tendenza progressista (è il caso di Kirchner in Argentina, di Tabaré Vazquez in Uruguay e di Michelle Bachelet in Cile), si spiega facilmente con il fallimento delle destre neoliberali che in poco più di una decade hanno fatto crescere a dismisura la povertà e l’esclusione sociale. Molti tra i neoeletti capi di governo, decisamente titubanti nei confronti dei Trattati di Libero Commercio e del fondamentalismo del mercato, continuano – loro malgrado – a contribuire al mantenimento del moribondo modello liberista. Il loro atteggiamento ambiguo si deve soprattutto alla “debilitazione del potere statale dovuta ai processi di privatizzazione dell’economia, ai nuovi accordi commerciali e al pagamento del debito estero. Tutto ciò ha lasciato molti governi in una situazione di estrema vulnerabilità e gli ha esposti al ricatto del capitale straniero.” *
Evidentemente però, i casi appena citati non valgono come esempio per le esperienze di governo in corso in Venezuela e Bolivia. In queste due nazioni la politica economica intrapresa dai rispettivi mandatari, Hugo Chavez ed Evo Morales, va decisamente in controtendenza. Rifiutando l’idea che possa (ri)sorgere un tipo di liberismo moderato e dal volto umano, i due Paesi andini hanno optato per un cammino di riforme rivoluzionarie basate sull’appoggio dello Stato alle istanze della popolazione e dei movimenti sociali. Morales invoca un socialismo comunitario fondato sulla reciprocità e la solidarietà, mentre da Caracas il presidente Hugo Chavez porta avanti il suo singolare progetto di “Alternativa Bolivariana per l’America latina” (ALBA), primo passo verso la costruzione del “nuovo socialismo del XXI secolo” perché, come suole ripetere lo stesso Chavez, “non esiste un altro mondo possibile in seno al capitalismo.”
La proposta alternativa all’attuale modello economico-sociale dominante suscita sempre più interesse in ogni angolo dell’America latina. Recenti sondaggi realizzati in Brasile e Venezuela mostrano che più della metà degli abitanti delle due nazioni si dicono favorevoli al passaggio ad un sistema più “socialista”, purché ciò non comporti la riassunzione di vecchi modelli del passato (vedi le tragiche esperienze dell’Europa dell’est). 
Il nuovo “socialismo sudamericano” si ispira al fondamentale principio dell’integrazione dei popoli e delle culture; un obiettivo che si può cogliere - secondo molti - soltanto attraverso la creazione di una confederazione di Stati fondata su basi solidali e cooperative. Dal dibattito attorno a questo tema emergono molteplici idee sul come realizzare l’ambizioso progetto. Tutte sembrano convergere su quattro punti in comune:
1)      Il primato dei valori umani. L’impegno di porre fine al patriarcato, al razzismo, al sessismo, allo sfruttamento di classe e al genocidio; opponendo a tutto ciò il rispetto del prossimo e la giustizia sociale.
2)      L’organizzazione partecipativa, distante da ogni autoritarismo di tipo stalinista, fondata sulla pianificazione in differenti livelli […] e sul principio della partecipazione popolare dal basso, in sostituzione della “partitocrazia” e dell’ “avanguardismo”.
3)      L’impronta internazionalista. […] Difesa comune dei popoli contro il neoliberismo e le aggressioni dell’imperialismo, attraverso la creazione di organizzazioni sovrastatali che promuovano la pace e il rispetto dei diritti umani, e nelle quali venga abolito il diritto di veto.
4)      La difesa della sovranità nazionale, dei principi di non-intervento e di autodeterminazione dei popoli […], in linea con gli ideali a cui si sono ispirati José Martì pensando a “Nuestra America”, e Simon Bolivar a “la gran patria.” *
Se il sistema neoliberista è giunto ormai al crepuscolo, come sembrano confermare gli sconquassi degli ultimi anni, la marcia del Nuovo Mondo verso altri orizzonti di civiltà è appena all’inizio del suo impervio cammino.

Andrea “Chile” Necciai


 

Note:
* “Le sfide dell’America latina all’imperialismo” di James D. Cockroft - Rebelion.