sabato 18 febbraio 2006

AL REVES: la scuola degli assassini



SOA 1946-2006: sessant’anni di crimini sotto silenzio.         

Dopo l’attentato terroristico alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, molti cittadini statunitensi si saranno rivolti domande come queste: “Cosa abbiamo fatto per essere tanto odiati?”, oppure “Com’è possibile che ci sia accaduto tutto questo?”. Con ogni probabilità, molte delle increduli vittime del terrorismo di Stato “a stelle e strisce” si sono poste, in passato, le stesse domande. E non c’è dubbio, inoltre, che migliaia di persone innocenti in ogni parte del mondo continuino ad essere coinvolte nelle cosiddette operazioni di “controinsorgenza” - o di “guerra sporca” - di matrice nordamericana. La fotoreporter statunitense Linda Panetta, inviata di guerra negli anni 80 e 90 in Centroamerica, racconta che “in America Latina ogni persona che il nostro governo ha ritenuto una minaccia (leader sindacali, religiosi, vescovi, capi di stato, bambini maya) è stata etichettata come comunista, individuata ed uccisa. Oggi la minaccia “comunista” sembra essersi dissolta come un brutto sogno, ma un nuovo spauracchio “terrorista” è emerso dai cassetti per rinverdire paure e far impallidire una nazione terrorizzata.”*
Negli ultimi sessant’anni, una struttura militare degli Stati Uniti si è distinta più di altre per essersi prestata a diventare “palestra di addestramento” di spietati assassini, dittatori e terroristi. Si tratta della tristemente nota SOA, o “School of Americas”, originariamente costruita a Panama nel lontano 1946, e successivamente trasferitasi in Georgia dopo l’abbandono del Canale da parte delle autorità statunitensi. Nonostante i cambiamenti subiti fino ad oggi la SOA, chiamata sarcasticamente per le sue nefandezze “School of assassins” e in seguito anche “Scuola di golpe”, ha continuato a sfornare diplomati perfettamente addestrati nel “seminare morte e terrore, attraverso la deportazione e la sparizione di centinaia di migliaia di persone in America Latina.”*
Dalla sua fondazione – avvenuta, come detto, nell’immediato dopoguerra – sono stati oltre 60.000 i militari latinoamericani formati nella prestigiosa accademia. Successivamente, negli anni della Guerra Fredda, l’ossatura di tutti gli eserciti latinoamericani fu costruita proprio attingendo dal florido “vivaio” della SOA. I suoi neo-diplomati si sarebbero presto dimostrati all’altezza dei loro compiti, spesso coadiuvati da consiglieri militari statunitensi a cui era affidata la supervisione delle operazioni militari e di polizia politica nel turbolento scacchiere dell’America latina.
La lunga lista dei licenciados usciti dalla SOA comprende tra gli altri gli ufficiali Rios Montt, Lucas Garcia e Hector Gramajo, tutti accusati di genocidio contro il popolo guatemalteco. Il piano da loro denominato “Tierra razada” [“Terra bruciata”] provocò la morte di decine di migliaia di civili in 627 massacri (accertati) nel periodo della dittatura militare capeggiata dallo stesso Montt. In totale le vittime del conflitto guatemalteco, secondo il rapporto della Commissione Onu per le chiarificazioni storiche (CEH), ammontano a oltre 200.000 tra morti e desaparecidos. Il rapporto evidenzia pure che l’addestramento ricevuto alla School of Americas “aveva una relazione significativa con la violazione dei diritti umani compiuta durante il conflitto armato”.
Non molto distante dal Guatemala, nel Nicaragua del dittatore Somoza, il corpo ufficiali della Guardia Nazionale – principale responsabile del mantenimento dello stato di polizia sotto il quale fu costretta a vivere per decenni la popolazione nicaraguense – era in larga parte composto da cadetti della SOA. Nel 1979 dopo l’avvento al potere dei sandinisti, molti di loro confluirono nei reparti dei “Contras”, l’esercito mercenario armato e finanziato dalla Cia e da altre fonti occulte. Negli anni di spaventosa guerra civile che seguirono, i Contras si segnalarono come i peggiori violatori di diritti umani, perpetrando ovunque torture, massacri di civili, devastazioni e saccheggi.
La storia del massacro di El Mozote, avvenuto in El Salvador nel 1981, può essere citata come modello - tra migliaia di altri fatti analoghi accaduti - della strategia di controinsorgenza messa in atto dagli Usa e dai governi centroamericani loro “subalterni” dall’inizio degli anni settanta fino alla fine del novecento. Strategia basata, in zona di guerra, sulla persecuzione e lo sterminio di intere comunità di civili, ritenute preziose fonti di sostentamento per la guerriglia e i movimenti in lotta per il cambiamento sociale. Ripensando al recente passato, lo stesso Pentagono ha dovuto ammettere che “per anni i manuali di addestramento usati alla SOA avevano sostenuto la pratica di esecuzioni, torture, ricatti. Alcuni dei manuali raccomandavano di individuare quelli che appoggiavano l’organizzazione o il reclutamento sindacale, simpatizzavano con i dimostranti degli scioperi e accusavano il governo di aver fallito nel compito di andare incontro alle necessità fondamentali della popolazione.”*
Rufina Amaya, una donna tra le poche sopravvissute all’eccidio di El Mozote, ricorda ancora oggi con l’orrore negli occhi come, nascosta dietro ad un cespuglio, aveva assistito impotente all’esecuzione dei circa 900 abitanti del villaggio (inclusi il marito e i suoi quattro bambini). “I soldati stupravano le donne e lanciavano in aria i neonati per infilzarli con le baionette per puro divertimento. Intanto gli uomini erano stati torturati e poi ammassati in chiesa insieme a molti bambini. I soldati ne avevano già eliminati molti a raffiche di mitra, quando alcuni bambini protetti dai corpi degli adulti cominciarono ad urlare. Allora i soldati uccisero anche loro, incendiando la chiesa. […] Alla fine ho desiderato anch’io di morire […] ma implorai Dio di risparmiare la mia vita affinché le voci di quelli che erano stati brutalmente massacrati non fossero dimenticate, perché il loro pianto continuasse a vivere in me e la verità non rimanesse nascosta”. Anche in questo caso, dieci dei dodici responsabili del massacro erano stati addestrati alla SOA.
Più recentemente negli Stati meridionali messicani, dopo l’entrata in vigore del Nafta [il trattato di libero commercio fra Stati Uniti, Canada e Messico], le operazioni militari di presidio sono considerevolmente aumentate di numero e intensità. L’incremento di queste attività di guerra di bassa intensità - che hanno visto ancora una volta coinvolti contingenti provenienti dalla SOA in funzione controinsurrezionale - si deve soprattutto alla sollevazione zapatista del Chiapas, giudicata dai governi e dagli investitori interessati un fastidioso ostacolo all’applicazione del Nafta. Tra gli ufficiali che ordinarono la strage di Acteal (eseguita il giorno di Natale del 1997) figurano, ancora una volta, ex-membri della SOA.
Crimini feroci come quelli consumati in Guatemala, Nicaragua, El Salvador, Messico o Colombia testimoniano che tali barbarie non sono semplicemente l’opera di alcune “schegge impazzite” dell’esercito, o di gruppi di uomini in divisa particolarmente sadici; fanno parte piuttosto di una specifica strategia del terrore messa in atto dalle forze armate per suscitare paura, sofferenze ed umiliazioni. Il tutto con il placet della Cia e del Pentagono.
Anche se la giustizia non ha quasi mai seguito il suo corso lasciando molti dei responsabili impuniti, negli Stati Uniti non tutti ignorano questi orribili fatti, o si dimostrano indifferenti. Il 21 novembre 1999, decimo anniversario dell’omicidio dei sei padri gesuiti di San Salvador, gli attivisti che si battono per la chiusura della Scuola riuscirono a riunire poco fuori la sua sede di Fort Benning più di 12.000 persone, in una manifestazione che è stata definita “uno dei più grandi atti di disobbedienza civile della storia degli Stati Uniti”. Il corteo era preceduto da militanti pacifisti che portavano bare e croci con incisi i nomi di alcune vittime dei diplomati della SOA.
Nel 2002 anche Amnesty International ha fortemente insistito per la chiusura del complesso SOA/WHISC, invocando la creazione di una commissione verità che porti finalmente alla luce il legame esistente tra l’addestramento militare impartito nella Scuola e le atrocità commesse dai suoi allievi, senza con ciò dimenticare la complicità delle istituzioni governative. Inutile dire che anche questo autorevole appello è rimasto finora inascoltato.
 Andrea “Chile” Necciai

“Noi che abbiamo una voce dobbiamo parlare per coloro che non ce l’hanno”.
Mons. Oscar Arnulfo Romero



 
Note:
* da “SOA: School of Americas, la fabbrica dei gorilla” di Linda Panetta – Latinoamerica n°90/91.