venerdì 2 dicembre 2005

AlReves: Brasile


Lula nella bufera.
Brasile: malcostume e corruzione travolgono il Pt.

La crisi istituzionale brasiliana ha toccato in questi mesi il suo apice. La scoperta dei recenti casi di corruzione all’interno del Pt (Partito dei Lavoratori), la principale compagine dell’establishment del presidente Ignacio Lula da Silva, ha provocato un vero e proprio terremoto politico, gettando nello sconforto tutti coloro che avevano riposto più di una speranza nel vento di rinnovamento di Porto Alegre e intravisto nell’esperienza di governo brasiliana una valida risposta alle forme burocratiche di organizzazione-partito del passato.
Nel 2002 Lula è stato eletto presidente contando sul sostegno di ampi settori popolari e di sinistra del Paese (dai “senza terra” al sindacato, dagli ecologisti ai gruppi politici di orientamento socialista), ma non solo. L’ex leader dei metalmeccanici ha vinto anche grazie al contributo decisivo della borghesia e degli interessi economici nazionali “che rifuggivano dal Trattato Alca di unificazione economica dell’intero continente americano sotto l’egida del dollaro e della potenza degli Stati Uniti. In Brasile anche i capitali interni cercavano una risposta al fallimento del neoliberismo e riconoscevano in Lula il personaggio politico che poteva unificare radicalità di orientamenti strategici con moderazione tattica.” * 
Fin da subito alle speranze di un miglioramento delle condizioni di vita dei ceti più poveri, attraverso il piano denominato “Fame Zero”, si sono aggiunte le difficoltà per la stabilità dell’assetto economico-finanziario del colosso industriale brasiliano, da sempre sottoposto all’indebitamento verso il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Questo ha fatto sì che l’azione di governo di Lula, almeno in un primo tempo, si sia concentrata più sul problema dell’equilibrio finanziario dei conti che sulla risoluzione dei problemi sociali in cui si trova coinvolta la nazione: la questione agraria che rende necessaria una più equa distribuzione della terra (vedi le rivendicazioni del movimento dei “Sem Terra”) e l’aumento della povertà e dell’esclusione sociale.
A lungo andare, i ritardi nella realizzazione dei piani riformatori promessi dal governo hanno contribuito ad incrinare i rapporti tra il presidente e la sua base elettorale (anche all’interno dello stesso Pt), con una conseguente caduta di consenso popolare. La fragilità della democrazia brasiliana è poi emersa in tutta chiarezza quando sono scoppiati i primi scandali di malaffare. Lo scorso 11 luglio il deputato dell’opposizione Ramos da Silva, esponente del Partito del Fronte Liberale (PFL) è stato scoperto con alcune valigette piene di denaro ricevuto da dirigenti del Pt.
Dopo accurate indagini è venuta a galla tutta la verità sui casi di “compravendita” dei parlamentari dell’opposizione, convinti a suon di reais a cambiar casacca approdando nelle file della risicata maggioranza parlamentare che sostiene Lula al governo. Ecco spiegata l’insolita transumanza che da due anni a questa parte ha fatto cambiare colore politico a ben 124 deputati, che ora siedono sui banchi della maggioranza. Ma non finisce qui. Col passare dei mesi, i periodici brasiliani hanno reso noti altri inquietanti episodi di corruzione che riguardano i tesorieri del Pt, sempre più avidi nell’incassare tangenti in cambio della concessione di licenze pubbliche o di sgravi economici ai richiedenti.
I sospetti di corruzione giungono molto in alto negli ambienti del Pt, fino a lambire la figura dello stesso Lula - che tuttavia si è sempre dichiarato estraneo a qualsiasi coinvolgimento nella vicenda -, minando gravemente la sua personale fama di leader moralmente integerrimo. Messo con le spalle al muro dal clamore degli scandali, il presidente brasiliano non ha potuto far altro che avviare un processo di epurazione per eliminare le “mele marce” dal suo partito. Repentinamente sono stati destituiti il segretario generale e il tesoriere del Pt, insieme al ministro José Dirceu (braccio destro di Lula fino all’esplosione della questione morale in seno al governo), anch’egli costretto a rassegnare le dimissioni.
Anche se colpito nella credibilità della sua immagine, a causa di molti suoi funzionari disonesti e delle loro perverse logiche di potere, il Partido dos Trabalhadores rimane pur sempre il principale referente dei partiti popolari e, attualmente, l’unico ancora in grado di influenzare le scelte del governo verso prospettive di giustizia e progresso sociale. “Come cittadino, - afferma lo scrittore brasiliano Frei Betto, esponente della Teologia della Liberazione - constato che il ruolo del Pt è imprescindibile per il futuro del Paese. Se questo partito dovesse essere spazzato via insieme ai suoi dirigenti sospettati o colpevoli di corruzione, a quale altro orizzonte potrebbero rivolgere le proprie speranze i poveri?”. Nessuno tra gli altri partiti progressisti potrebbe oggi sostituirsi al Pt per rappresentare sul terreno politico le istanze delle classi popolari. Anche per questo motivo il Partito dei Lavoratori deve essere salvato dal rischio di estinzione, depurandosi però dalle scorie che ne stanno avvelenando l’integrità morale. E’ in gioco il futuro della democrazia brasiliana.
 Andrea “Chile” Necciai



 
Note:
* da “I dolori di Lula” di Aldo Garzia, rivista “Aprile” – settembre 2005.