sabato 14 maggio 2005

AL REVES: Negroponte e la “diplomazia” americana



Sebbene tuttora immobilizzati nel “pantano iracheno”, gli Usa si preparano a nuove operazioni militari nello scacchiere mediorientale. Siria ed Iran sono già oggetto delle mire di Washington, mentre i neocon repubblicani sembrano più che mai determinati a chiudere la partita contro “centrali del terrore e stati canaglia”, più o meno minacciosi. Non a caso, la vera “perla” del secondo mandato di G.W. Bush alla Casa Bianca è stata la nomina di John Negroponte, diplomatico di carriera e già ambasciatore in Iraq, a capo di tutta l’intelligence statunitense.
La nuova carica di Direttore Nazionale delle quindici agenzie di spionaggio (tra cui spicca la CIA) conferisce a Negroponte poteri quasi illimitati, tanto che il nuovo gerente dovrà rispondere dell’operato dei servizi al solo Bush, potendo così godere di una larga autonomia che lo allontanerà il più possibile dalla sfera di controllo di Pentagono e Congresso. E a lui dovrà riferire persino il capo della CIA, l’austero Porter Goss.   
Ma chi è davvero John Dimitri Negroponte? Il suo passato di “uomo della diplomazia Usa” è costellato da complotti e nefandezze degne di un vero professionista dell’intrigo internazionale. Nato a Londra sessantacinque anni fa da genitori russo-americani, il nostro uomo si è fatto le ossa in Vietnam, dove è stato funzionario politico all'ambasciata americana dal 1964 al 1968 “al culmine della guerra, nel momento in cui si verificarono esecuzioni extragiudiziali e gravissime violazioni dei diritti umani, tra cui i massacri perpetrati dalla tristemente famosa “Tiger Force” della 101° Divisione Aviotrasportata dell'Esercito”.*
Fin da principio per le sue credenziali di uomo scaltro e risoluto, John D. riesce facilmente a distinguersi agli occhi dei falchi dell’amministrazione repubblicana. Interventismo e determinazione nel perseguire gli obiettivi assegnati sono qualità che tutti gli riconoscono. Ciò gli assicura rapidi successi in carriera: Kissinger e Nixon lo adorano, e nel 1980 Ronald Reagan lo nomina addirittura Consigliere alla Sicurezza, missione che dovrà dividere con Colin Powell.
Un anno dopo, il nostro uomo viene inviato a Tegucigalpa (Honduras) in veste di ambasciatore, al fine di "assicurare il flusso degli aiuti statunitensi" vitali per questo paese che era "la base per la guerra occulta del presidente Reagan contro il governo sandinista del Nicaragua." ** In Honduras, in effetti, i mercenari “contras” erano armati e addestrati da specialisti statunitensi per compiere incursioni in territorio nicaraguense; queste cosiddette “operazioni militari” erano spesso dirette contro obiettivi civili (cooperative agricole, scuole, ospedali e centri abitati) allo scopo di indebolire le strutture logistiche ed assistenziali locali, la cui distruzione avrebbe presto portato il Paese al collasso. Il timore di Washington era che il Nicaragua sandinista si sarebbe presto trasformato in una seconda Cuba.
A questa aggressione ignobile il Nicaragua “rispose in modo corretto, come uno Stato rispettoso della legge: nel 1984 portò il caso contro gli Stati Uniti alla Corte Internazionale di Giustizia, a L’Aia. La corte ordinò agli Stati Uniti di smettere con "l'uso illegale della forza" […] e di pagare sostanziali risarcimenti. Ma Washington ignorò la corte, e pose il veto a due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nelle quali si appoggiava la decisione e si richiedeva con forza a tutti gli stati di rispettare la legge internazionale.” **
Il nome di Negroponte risulta anche nei voluminosi dossier dell’inchiesta sullo scandalo “Iran-Contras”, relativo al traffico clandestino di armi tra il paese degli ayatollah e gli Stati Uniti, i cui proventi furono utilizzati dagli stessi americani per finanziare la guerra contro il Nicaragua.
Ma i sandinisti non erano, evidentemente, l’unico obiettivo della repressione Usa in Centroamerica.
Negli anni ottanta la CIA creò lo scellerato Battaglione di Intelligence Honduregno 3-16, che si rese responsabile dell’assassinio di molti oppositori e dissidenti politici locali. Inoltre “nel 1982, gli Usa avevano negoziato il libero accesso allo spazio aereo dell’Honduras e insediato un centro di addestramento militare regionale per le forze dell’America Centrale, con lo scopo principale di fornire addestramento alle unità dell’esercito del Salvador. Nel 1994, la Commissione dell’Honduras sui Diritti Umani denunciava la tortura e la scomparsa di almeno 184 oppositori politici e accusava John Negroponte di numerose violazioni di diritti umani.” **
Dal canto suo, contando su un bugdet di oltre 77 milioni di dollari in aiuti (da spendere nelle operazioni di controinsorgenza), nei cinque anni del suo mandato l’ambasciatore Negroponte amministrò sempre con il pugno di ferro, tanto da meritarsi l’appellativo di "Proconsole", titolo riservato prima di lui solo ai potenti governatori dell'epoca coloniale.
Arriviamo così al 1989. La brillante carriera diplomatica di John Negroponte prosegue con la reggenza dell’ambasciata Usa in Messico. Nel periodo 1989-1993, in ossequio alle politiche economiche neoliberiste, riesce a condurre in porto il NAFTA (North American Free Trade Agreement), la cui applicazione ha provocato - fino ad oggi - “la perdita della terra e dei mezzi di sussistenza per un milione di messicani ed ha minato i diritti sindacali ed ambientali in Messico, Canada e Stati Uniti.” **
Nel 2001 il “Proconsole” approda finalmente alle Nazioni Unite, anche qui col ruolo di ambasciatore. Alla vigilia della Seconda Guerra del Golfo fornisce prove false sulla presenza in Iraq di “armi di distruzione di massa”, cercando in tal modo di convincere il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad avallare l’intervento militare americano contro il regime di Saddam Hussein.
Qualche mese più tardi, usando l’arma del ricatto politico riesce anche a strappare a Messico e Cile, inizialmente contrari alla guerra, l’appoggio militare incondizionato alle operazioni belliche in Iraq. Ed è proprio in Mesopotamia che John D. svolge l’ultimo mandato di ambasciatore per conto del governo di George Bush (2004). Il presidente americano ha sempre sostenuto di voler portare la democrazia in Iraq, e lo ha fatto utilizzando lo stesso esperto funzionario che fu inviato negli anni ‘80-‘90 in Centroamerica a dirigere le operazioni di “guerra sporca”.

Andrea “Chile” Necciai

 

Note:
* “Chi è John Negroponte, ambasciatore Usa in Iraq” - Action Center. Fonte: A.N.S.W.E.R. Coalition (Act Now to Stop War & End Racism).
** “John Negroponte: dal Centroamerica all'Iraq” di Noam Chomsky - 6 settembre 2004.

lunedì 2 maggio 2005

AlReves: USA


Negroponte e la “diplomazia” americana.

 Sebbene tuttora immobilizzati nel “pantano iracheno”, gli Usa si preparano a nuove operazioni militari nello scacchiere mediorientale. Siria ed Iran sono già oggetto delle mire di Washington, mentre i neocon repubblicani sembrano più che mai determinati a chiudere la partita contro “centrali del terrore e stati canaglia”, più o meno minacciosi. Non a caso, la vera “perla” del secondo mandato di G.W. Bush alla Casa Bianca è stata la nomina di John Negroponte, diplomatico di carriera e già ambasciatore in Iraq, a capo di tutta l’intelligence statunitense.
La nuova carica di Direttore Nazionale delle quindici agenzie di spionaggio (tra cui spicca la CIA) conferisce a Negroponte poteri quasi illimitati, tanto che il nuovo gerente dovrà rispondere dell’operato dei servizi al solo Bush, potendo così godere di una larga autonomia che lo allontanerà il più possibile dalla sfera di controllo di Pentagono e Congresso. E a lui dovrà riferire persino il capo della CIA, l’austero Porter Goss.   
Ma chi è davvero John Dimitri Negroponte? Il suo passato di “uomo della diplomazia Usa” è costellato da complotti e nefandezze degne di un vero professionista dell’intrigo internazionale. Nato a Londra sessantacinque anni fa da genitori russo-americani, il nostro uomo si è fatto le ossa in Vietnam, dove è stato funzionario politico all'ambasciata americana dal 1964 al 1968 “al culmine della guerra, nel momento in cui si verificarono esecuzioni extragiudiziali e gravissime violazioni dei diritti umani, tra cui i massacri perpetrati dalla tristemente famosa “Tiger Force” della 101° Divisione Aviotrasportata dell'Esercito”.*
Fin da principio per le sue credenziali di uomo scaltro e risoluto, John D. riesce facilmente a distinguersi agli occhi dei falchi dell’amministrazione repubblicana. Interventismo e determinazione nel perseguire gli obiettivi assegnati sono qualità che tutti gli riconoscono. Ciò gli assicura rapidi successi in carriera: Kissinger e Nixon lo adorano, e nel 1980 Ronald Reagan lo nomina addirittura Consigliere alla Sicurezza, missione che dovrà dividere con Colin Powell.
Un anno dopo, il nostro uomo viene inviato a Tegucigalpa (Honduras) in veste di ambasciatore, al fine di "assicurare il flusso degli aiuti statunitensi" vitali per questo paese che era "la base per la guerra occulta del presidente Reagan contro il governo sandinista del Nicaragua." ** In Honduras, in effetti, i mercenari “contras” erano armati e addestrati da specialisti statunitensi per compiere incursioni in territorio nicaraguense; queste cosiddette “operazioni militari” erano spesso dirette contro obiettivi civili (cooperative agricole, scuole, ospedali e centri abitati) allo scopo di indebolire le strutture logistiche ed assistenziali locali, la cui distruzione avrebbe presto portato il Paese al collasso. Il timore di Washington era che il Nicaragua sandinista si sarebbe presto trasformato in una seconda Cuba.
A questa aggressione ignobile il Nicaragua “rispose in modo corretto, come uno Stato rispettoso della legge: nel 1984 portò il caso contro gli Stati Uniti alla Corte Internazionale di Giustizia, a L’Aia. La corte ordinò agli Stati Uniti di smettere con "l'uso illegale della forza" […] e di pagare sostanziali risarcimenti. Ma Washington ignorò la corte, e pose il veto a due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nelle quali si appoggiava la decisione e si richiedeva con forza a tutti gli stati di rispettare la legge internazionale.” **
Il nome di Negroponte risulta anche nei voluminosi dossier dell’inchiesta sullo scandalo “Iran-Contras”, relativo al traffico clandestino di armi tra il paese degli ayatollah e gli Stati Uniti, i cui proventi furono utilizzati dagli stessi americani per finanziare la guerra contro il Nicaragua.
Ma i sandinisti non erano, evidentemente, l’unico obiettivo della repressione Usa in Centroamerica.
Negli anni ottanta la CIA creò lo scellerato Battaglione di Intelligence Honduregno 3-16, che si rese responsabile dell’assassinio di molti oppositori e dissidenti politici locali. Inoltre “nel 1982, gli Usa avevano negoziato il libero accesso allo spazio aereo dell’Honduras e insediato un centro di addestramento militare regionale per le forze dell’America Centrale, con lo scopo principale di fornire addestramento alle unità dell’esercito del Salvador. Nel 1994, la Commissione dell’Honduras sui Diritti Umani denunciava la tortura e la scomparsa di almeno 184 oppositori politici e accusava John Negroponte di numerose violazioni di diritti umani.” **
Dal canto suo, contando su un bugdet di oltre 77 milioni di dollari in aiuti (da spendere nelle operazioni di controinsorgenza), nei cinque anni del suo mandato l’ambasciatore Negroponte amministrò sempre con il pugno di ferro, tanto da meritarsi l’appellativo di "Proconsole", titolo riservato prima di lui solo ai potenti governatori dell'epoca coloniale.
Arriviamo così al 1989. La brillante carriera diplomatica di John Negroponte prosegue con la reggenza dell’ambasciata Usa in Messico. Nel periodo 1989-1993, in ossequio alle politiche economiche neoliberiste, riesce a condurre in porto il NAFTA (North American Free Trade Agreement), la cui applicazione ha provocato - fino ad oggi - “la perdita della terra e dei mezzi di sussistenza per un milione di messicani ed ha minato i diritti sindacali ed ambientali in Messico, Canada e Stati Uniti.” **
Nel 2001 il “Proconsole” approda finalmente alle Nazioni Unite, anche qui col ruolo di ambasciatore. Alla vigilia della Seconda Guerra del Golfo fornisce prove false sulla presenza in Iraq di “armi di distruzione di massa”, cercando in tal modo di convincere il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad avallare l’intervento militare americano contro il regime di Saddam Hussein.
Qualche mese più tardi, usando l’arma del ricatto politico riesce anche a strappare a Messico e Cile, inizialmente contrari alla guerra, l’appoggio militare incondizionato alle operazioni belliche in Iraq. Ed è proprio in Mesopotamia che John D. svolge l’ultimo mandato di ambasciatore per conto del governo di George Bush (2004). Il presidente americano ha sempre sostenuto di voler portare la democrazia in Iraq, e lo ha fatto utilizzando lo stesso esperto funzionario che fu inviato negli anni ‘80-‘90 in Centroamerica a dirigere le operazioni di “guerra sporca”.

Andrea “Chile” Necciai

 

Note:
* “Chi è John Negroponte, ambasciatore Usa in Iraq” - Action Center. Fonte: A.N.S.W.E.R. Coalition (Act Now to Stop War & End Racism).
** “John Negroponte: dal Centroamerica all'Iraq” di Noam Chomsky - 6 settembre 2004.