mercoledì 1 dicembre 2004

AlReves: Uruguay


Tabaré.

“Festeggiate uruguayani, festeggiate… la vittoria è solo vostra!”.
A Montevideo, una folla in tripudio ha accolto la storica vittoria del Frente Amplio alle elezioni presidenziali di novembre, giunta dopo quasi 130 anni di “duopolio” dei partiti tradizionali “Blanco” e “Colorado”, dai risvolti più o meno autoritari.
Il primo presidente “rosso” della storia dell’Uruguay si chiama Tabaré Vazquez, medico oncologo di 64 anni, già noto per aver rivestito in passato la carica di sindaco di Montevideo. Il suo è stato un vero e proprio trionfo (quasi un plebiscito popolare), con la maggior parte delle preferenze incamerate già al primo turno e una distanza di più di 10 punti dal suo principale avversario, il candidato “blanco” Jorge Larranaga.
Cresciuto alla Teja, uno dei quartieri più poveri della capitale, Tabaré Vazquez proviene da una famiglia umile. I suoi genitori, morti entrambi prematuramente di malattia, riuscirono con non pochi sacrifici a farlo studiare e laureare in medicina.
Nel giro di pochi anni, la sua fin lì brillante carriera di medico lo incoraggia ad aprire una clinica nel quartiere d’origine, la prima e l’unica “per gente non ricca”. Da qui ha inizio una lunga militanza politica e civile, in cui Tabaré si cimenta con passione e dedizione fino a confluire nel Frente Amplio: il variegato movimento politico che raggruppa diverse anime della sinistra social-comunista.
Nei primi anni ’70 il Frente è ancora guidato dal suo fondatore, il leggendario Libero Seregni, un ex generale d’artiglieria in pensione con una spiccata inclinazione per i movimenti popolari. All’inizio degli anni 90, alla morte dell’anziano militare gli subentra lo stesso Vazquez, appena in tempo per candidarsi alle presidenziali del 1994. In quell’occasione il neo segretario incassa ben 300.000 voti, ma non sono sufficienti a garantirgli la vittoria. La spunta infatti il “colorado” Sanguinetti, di origini piemontesi, primo presidente eletto democraticamente dopo gli anni tragici della dittatura militare.
Vanno decisamente meglio per il Frente le consultazioni del 1999. Vazquez raggiunge i 900.000 consensi ma ancora una volta, pur essendo il candidato più votato, viene scavalcato al secondo turno da “blancos” e “colorados”, costretti all’apparentamento per far fronte al rischio di una clamorosa vittoria delle sinistre. 
Nel frattempo, mentre il Paese precipita in una drammatica crisi economica - trascinato nel baratro dal crack finanziario della vicina Argentina -, il governo si vede costretto ad adottare impopolari misure d’emergenza nel tentativo di contenere il deficit galoppante. Ma il collasso finanziario è alle porte: nel 2002, in sole tre settimane, l’Uruguay perde la metà delle sue riserve in divisa e ciò alimenta sempre più i timori di un crollo imminente del sistema bancario.
La prima vittima della crisi è il popolo uruguagio, colpito da un processo di impoverimento senza precedenti che fa schizzare la disoccupazione al 15% e precipitare un abitante su tre al di sotto della soglia di povertà. A tutto ciò si devono aggiungere i guasti provocati dall’adozione delle solite politiche di marca liberista - quelle “suggerite” dal FMI, ormai una costante dei paesi latinoamericani -, messe in atto dagli ultimi governi in carica con ondate di privatizzazioni nel settore pubblico e di tagli al welfare.
Le ragioni della svolta “a sinistra” di quest’autunno elettorale nascono appunto da questi trascorsi storici. Approfittando del generale clima di malcontento e sfiducia verso una classe dirigente delegittimata dai fallimenti in campo economico e sociale, la coalizione progressista di Vazquez ha raggiunto la piena maturità politica, ma soprattutto - crediamo - ha ritrovato quella forza morale capace di risvegliare le coscienze di tutta una popolazione nei momenti d’emergenza.
Gli “argentini col valium”, come recentemente lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano ha definito i suoi concittadini (per la loro scarsa propensione alla protesta, anche di fronte a condizioni di vita tanto esasperanti), si sono finalmente dati una scossa, decretando - a suon di voti contrari - la fine del regime secolare blanco-colorado.
“Festeggiate uruguayani, festeggiate… la vittoria è solo vostra!”.
(Andrea Chile Necciai)

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