mercoledì 1 settembre 2004

AiReves: Argentina


Un anno di Kirchner.

 In Argentina l’inverno australe è ormai alle porte. Per l’inquilino della Casa rosada, Nestor Kirchner, si è appena chiuso il giro di boa del primo anno di presidenza. Entrato in carica il 25 maggio 2003 sospinto da una società civile che ancora spera in un improbabile “miracolo economico”, Kirchner non ha indugiato molto nell’affrontare di petto i giganteschi problemi in cui si dibatte la nazione da ben prima della débacle dei governi menemisti. 
Nonostante la delicata situazione del debito estero (uno tra i più alti del continente) esiga l’adozione - quasi inevitabile - di impopolari misure di rigore economico, la nuova amministrazione ha mosso i primi passi verso il risanamento delle finanze aprendo una trattativa serrata con il Fmi e i creditori dei “tango bond”, nel tentativo di dilazionare quantomeno il pagamento dei debiti. E senza rompere il “patto sociale” con i ceti medio-bassi, i più duramente colpiti dal crack finanziario del 2001.
Anche se la macchina produttiva si è già rimessa in moto da un anno segnando un incremento dell’8% del Pil (superiore persino a quello della Cina), è nel lungo periodo che si potranno apprezzare dei risultati tangibili. Per il momento, il pressing delle compagnie transnazionali - che pretendono gli stessi privilegi e “coccole” dei governi mafiosi degli anni 80 e 90 - e degli organismi internazionali di credito, sempre intenti a “battere cassa”, non concede a Kirchner molti spazi di manovra per risalire dalla crisi in tempi ragionevoli.
L’apparato burocratico statale resta pericolosamente inquinato da uno stuolo di funzionari disonesti e corrotti. Costoro hanno continuato nel tempo ad arricchirsi indisturbati approfittando dell’apatia dei precedenti governi (sia radicali che peronisti). In Argentina anche la gente comune si è da tempo resa conto che “il gioco legale e clandestino, il narcotraffico, la prostituzione e una serie di crimini organizzati, dai sequestri di persona alle rapine alle banche, sono in diversa misura nelle mani di dirigenti politici, giudici, poliziotti e delinquenti comuni che si dividono lavoro e profitti”* in condizioni di assoluta impunità.
Lo stesso Kirchner, del resto, per far fronte al degrado della classe politica argentina, in aprile si è visto costretto ad aprire una crisi interna al suo “Partito Giustizialista”, con lo scopo evidente di “avviare un processo di ricambio profondo della maggior parte dei suoi dirigenti” implicati in vario modo in attività malavitose. L'Argentina rimane uno tra i pochi paesi in cui quasi tutti sono disposti a tollerare che “dirigenti sindacali, politici, poliziotti e giudici possiedano beni miliardari e conducano una vita di lusso che né la loro origine familiare e ancor meno il loro salario consentirebbe”.*
Questo variegato esercito di arricchiti, ma pure la destra borghese defraudata dal disastro economico-sociale del 2001 (conseguenza del fallimento delle politiche neo-liberiste di Carlos Menem), vede come il fumo negli occhi le operazioni di “pulizia” di interi settori statali attuate dal governo. Assai determinato a risolvere, una volta per tutte, l’annoso problema del malcostume dilagante.
Tra le nuove misure adottate da Kirchner, due in particolare hanno scatenato le ire di una parte consistente dell’establishment politico-militare argentino: la destituzione di diversi giudici della Corte Suprema, subito rimpiazzati da magistrati competenti ed onesti, e la richiesta di perdono in nome dello Stato alle vittime della dittatura del ’76-’83. Fatto intollerabile per chi - e non sono pochi - ha tratto profitti e vantaggi dalla connivenza con i regimi dispotici dei generali Videla, Massera e Agosti.  
Nonostante la ferma opposizione della destra e di alcuni settori dello Stato, con ogni probabilità l’azione riformatrice di Kirchner non si fermerà qui. Il suo è però un riformismo “dall’alto” che non nasce dalle istanze delle classi popolari e perciò ancora incapace di coinvolgere movimenti come i piqueteros o i cacerolazeros, sorti dalla protesta scaturita “dal basso” come reazione all’impoverimento del decennio liberista degli anni novanta. I movimenti popolari reclamano oggi una maggiore partecipazione ai processi decisionali del paese, ma non sono più disposti a tollerare un ulteriore aggravamento delle condizioni di vita della gente; nemmeno in virtù di un’austera politica di risanamento economico che finirebbe ancora una volta per danneggiare i più deboli.
D'altronde, le cifre ufficiali sul tenore di vita degli argentini parlano chiaro: “il fatto che 8 milioni - quasi il 20% della popolazione - soffrano la fame e che il 51% viva sotto la soglia della povertà non è solo un'oscenità ma anche una bomba politica a tempo.”*
A dispetto di tutto ciò, il bilancio del primo anno del premier può considerarsi, tutto sommato, positivo. Kirchner ha dimostrato - per il momento - di riuscire a tenere testa ai poteri forti dell’economia mondiale e alla controffensiva mossa, su scala nazionale, dalla destra conservatrice argentina. Più di Lula, accerchiato com’è da problemi insormontabili, e assai più di Lucio Gutierrez, il mandatario ecuadoriano, che ha definitivamente tradito la fiducia dei suoi elettori (indios in testa) trasformandosi, contro ogni previsione, in obbediente vassallo di Washington e del Fmi.
(Chile)


 

Note:
* “Argentina: l’anno di Kirchner” di Carlos Gabetta, direttore dell’edizione argentina di “Le Monde Diplomatique”.